< Supplemento alla Storia d'Italia
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XLI - Il Direttorio insiste perché Mantova sia fortemente stretta, e ragiona con Bonaparte di Venezia, dell'Elba, della Corsica, della Toscana, delle sedizioni Italiane, delle mosse dell'esercito del Reno e Mosella
XL XLII



Parigi, 7 termidoro anno 4 (25 Luglio 1796)


XLI - Il Direttorio esecutivo a Bonaparte Generalissimo.


Noi ricevute abbiamo, cittadino Generale, le vostre lettere de’ 18, 24 e 26 Messidoro.

Ne gode l’animo in sentire che le divisioni da voi condotte al di là dal Po hanno ripassato questo fiume, e che voi strignete fortemente l’assedio di Mantova. L’insalubrità dell’aria per cui divengono pericolose l’opere di codesto assedio, e gli aparecchi che fannosi nel Tirolo, ci fanno desiderar vivamente che codesta piazza si arrenda presto alle truppe che voi comandate. Gli stratagemmi e gli assalti inopinati sono in realtà una parte essenziale dell’arte di attaccar le piazze, e quelli che voi meditate contro codesta ne affretteranno senza dubbio la dedizione, tostoché siano mandati ad effetto segretamente e con prontezza, di che non possiamo dubitare. Gli ultimi nostri dispacci vi avranno informato della nostra adesione alle proposizioni da voi fatteci intorno a Genova. Noi opiniamo come voi che questa operazione, come pure quella concernente a Venezia, debba differirsi sino al momento in cui la presa di Mantova avrà consolidato in modo la vostra condizione da togliere a que’ due Stati ogni speranza di sottrarsi alle nostre giuste richieste ed all’impero delle armi della Repubblica.

Ci duole assai che l’importante isola dell’Elba sia caduta in poter degl’Inglesi, i quali hanno in essa una specie di compenso alla perdita di Livorno, e possono da quella turbare le vostre disposizioni in favor della Corsica: ma quest’avvenimento ne apporta pure un vantaggio, quello cioè di svelarci i segreti disegni che il Granduca coloriti aveva fin qui dell’apparente brama di serbarsi neutrale. In tutt’altra circostanza noi non avremmo esitato a dichiarar la guerra a quel potentato; ma quando il rapido progresso de’ nostri trionfi tende ogni dì a dissipare i resti della lega, e ne conduce necessariamente alla pace generale, non ci è sembrata cosa prudente lo accender nuove scintille di guerra, riservandoci peraltro il reclamar più tardi contro questa violazione dei trattati che noi siamo sì gelosi d’osservare.

Circola la voce che l’Imperatore, secondo le probabilità di una salute ognor vacillante, si avvicini al termine della sua vita. Per trar profitto da quest’avvenimento, giova che voi ne siate con la maggior celerità avvisato quando succederà. A tal uopo mantenete corrispondenze in Vienna. Il Granduca di Toscana, erede del trono imperiale, non esiterà a recarsi incontanente in quella capitale, dopo la morte di suo fratello. Conviene allora prevenirlo, arrestarlo come inimico delle Repubblica, ed occupar militarmente la Toscana. Questo disegno, sebbene formato sopra congetture forse poco sicure, merita tuttavia ogni vostra attenzione.

I moti sediziosi che fra gl’Italiani si risuscitano contro le truppe francesi ne avvertono nutrir essi intenso rancore pel prosperar delle cose nostre; poichè la falsa voce di un sinistro, sebbene inverisimile, basta solo a farlo prorompere sì gravemente. Conciliate, cittadino Generale, con l’attività vostra nelle militari faccende, il pensiero di reprimere con fermezza e severità questi funesti germi di ribellione, i quali, atterrir potrebbono per avventura le nostre truppe, e scemar l’ardimento loro contro gli Austriaci, ai quali debbon esse mostrarsi sempre con la stessa fierezza. Un mezzo potente a reprimere le sedizioni, è il prender molti ostaggi ed i più ragguardevoli de’ diversi paesi. La destra dell’esercito del Reno e Mosella si avvicina al lago di Costanza, e va ad infestare alle spalle l’esercito austriaco d’Italia. Il Principe Carlo, ridotto dalle sue perdite e dai presidj intromessi da lui nelle piazze, alla metà delle sue forze, s’incammina verso il Danubio. I Generali Jourdan e Moreau lo incalzano con veemenza ai due fianchi.

La campagna più decisiva sembra ormai assicurata, ed allontanato il timore del rinnuovarsi di essa; e le novelle che il Direttorio attende incessantemente da voi, cittadino Generale, aggrandiranno vieppiù la già gloriosa ed ammirabile condizion militare della Repubblica.

Carnot.




Copia della nota presentata al Doge ed al Senato di Venezia, il dì 20 messidoro, dal ministro della Repubblica francese.

Il Ministro della Repubblica francese, in conformità degli ordini da esso poc’anzi ricevuti, ha l’onore d’informare vostra Serenità e le loro Eccellenze, che il Governo francese non può starsene indifferente al radunar che si fa da qualche tempo di soldati Schiavoni e di truppe nazionali a Venezia e nell’isole del suo distretto.

Simili apprestamenti militari non si fecero dal Senato allora quando gli Austriaci facevano passare sul territorio Veneto considerabili corpi di truppe, e minacciavano di introdurvene per gli altri punti che in ogni tempo erano stati rispettati. Sembra strano che nel momento in cui i Francesi, inseguendo il nemico sullo stesso territorio che egli viola tuttora impunemente, costretti siano ad occupar, sebben come amici, dei posti indispensabili alla riuscita delle loro operazioni, si raccolgano straordinarie forze, senza che se ne appalesi l’oggetto.

È noto a Vostra Serenità ed alle Loro Eccellenze che il moto prodotto da questa novità ha riscosso tutta intiera la nazione Veneta. Essa ha dovuto necessariamente credere che siffatte disposizioni erano unicamente dirette contro i Francesi, e quest’opinione si è talmente accreditata stante le perfide insinuazioni degli emigrati e dei partigiani dell’Inghilterra, che i caffè e le pubbliche piazze risuonano ancora delle più scandalose espressioni, malgrado delle replicate doglianze che ne sono state fatte e dei provvedimenti presi onde reprimerle.

Il Generalissimo dell’esercito Francese riguarda queste disposizioni come ostili, o come dettate da una fiducia ingiuriosa e contraria agl’interessi ed alla dignità della Repubblica francese.

Il Ministro di Francia ha ordine di chiedere a Vostra Serenità ed alle Loro Eccellenze una dichiarazione franca e leale intorno alla natura ed oggetto di questo movimento.

Egli debbe confidare nella sicurtà positiva data dal Senato al Direttorio esecutivo per mezzo del suo ambasciatore a Parigi, e ripetuta ogni dì dal Cav. Pesaro, della più ferma e costante amicizia della Repubblica di Venezia per la Repubblica francese; ma attende inoltre dalla sua saviezza che sia immediatamente posto fine ad un armamento, la continuazione del quale, giustificando i sospetti del Generale, lo determinerebbe a certi espedienti che troncherebbono in un momento quella buona intelligenza che i respettivi ministri dei due governi hanno con ogni sforzo cercato di mantenere sino al presente.

Egli pensa parimente che una risposta pronta e soddisfacente, da spedirsi incontanente al Generalissimo dell’esercito, sarebbe efficace a dissipare quelle idee svantaggiose che ha dovuto concepire, e ristabilirebbe la sua confidenza.

Lallement.



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