< Tempesta e bonaccia
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XI XIII

XII.

Un uomo costretto a sciupare man mano il suo patrimonio, prevede che giunto in fondo rimarrà denudato e povero, e la vita gli sarà penosa.

E però va vendendo alla spicciolata i piccoli capitali, e le cedolette, e le gioie di famiglia, e lascia per ultimo il fondo più vasto che forma la base delle sue sostanze; e su quello mette ipoteche sopra ipoteche, prima di decidersi a venderlo, perchè pensa che dopo quello non avrà più nulla....

Così è di me, lettori. Sto liquidando l’aureo capitale delle memorie, e mi appiglio ai piccoli fatti, ai particolari, alle sensazioni mute; e tremo di por mano al grande avvenimento che forma la base del mio romanzo, delle mie gioie, perchè sento che con quello avrò esaurito il tesoro delle dolci ricordanze; mi resterà il dolore, la prosa.... poi l’isolamento, la miseria del cuore.

Ma anch’io ho tanto preso a prestito sul quel mio capitale, che omai i lettori potrebbero rapirmene il segreto mettendone insieme le bricciole sparse. Tanto vale adunque ch’io prenda il mio coraggio a due mani e dia dentro a grandi colpi di penna a distruggere quei poveri e cari avanzi della mia fortuna passata.

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