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Atto terzo

Scena seconda
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Ippodamia seguita da Tieste, Erope

 

Tieste

Qual vista! Erope mia! La veggo;
Al fin la veggo... Erope.

Erope

Incauto, fuggi
80Lungi da me.

Tieste

Dunque perigli e morte
Avrò affrontato, onde da te sì acerbo
Guiderdone ottener!

Erope

E ben, Tïeste,
A che venisti? Se tu a darmi morte
85Vieni, t’arma, m’uccidi: altro non posso
Guiderdone a te dar che la mia vita.

Tieste

Io sì morte ti venni a dar, ma morte
A mercarmi con te; teco trascorsi
I dì felici, e teco i più infelici
90Trascorrer bramo. Tu se’ mia: ti strinse
Meco il voler d’Atreo: strinsero i numi
I nostri nodi... E ov’è la mutua fede?
Ove i spontanei giuramenti? Infranse
Tutto il livor del re. Sua sposa a torto
95Da me svelta ti volle. – Volle! Ah! tu
Nol fosti mai; no. Frapponeasi un giorno
Perchè dinanzi ai dei saldo t’unisse
Esecrabile nodo; io lo prevenni,
E mia fosti per sempre: e pria ch’ei t’abbia,
100Perderà l’alma. –

Ippodamia

O core! E qual rivolgi
Altr’opra in mente più sanguigna? Io madre
Sonti; ma son del par madre ad Atreo.
Ed osi proferir tu del fratello
Lo scempio macchinato? e d’un mio figlio
105Spargere il sangue? E non paventi in dirlo
Una folgor celeste? e non rispetti
Quel duol che tu sol mi cagioni?

Tieste

Eh, dimmi,
Testè non antevidi che il materno
Tuo amor non merto? – Sventurato io sono.

Ippodamia

110 Nol merti, no: ma sol le tue sventure
Fan ch’io m’acciechi, e che tel renda. – A tanto
Non m’accecan però, ch’io t’abbandoni
Al disperato furor tuo.

Erope

Tïeste,
115Troppe abbiam noi cagion di lai, di angosce;
Nè venirle ad accrescere: ten prego,
Non aspreggiarle d’avvantaggio. I casi
Del tuo delitto segui, e se infelice
Tu se’, no, non temer; non invidiarmi:
120Più di te lo son io.

Tieste

Crudel! non venni
Onde tiranneggiar l’alma tua afflitta;
A liberarti io venni; e i numi io chiamo
(Se in questa reggia di delitti i numi
Presiedono tuttor) che avrei sofferto
125Mie pene, sol certo foss’io che vivi
In pace almeno.

Erope

In pace!... Or tu tel vedi.
Ma se a peggior non mi desii, mi lascia;
Me lascia in preda al mio dolor; me al giusto
130Sdegno d’Atreo; me di me stessa all’odio;
Me alla difesa di quel figlio...

Tieste

Figlio!
Come? figlio! di chi?

Erope

Tuo figlio e mio.

Tieste

Numi!

Erope

135Non ti stupir. Dall’atra notte
Di sventurato amor, poichè fuggisti
Dalla possa d’Atreo, grav’ebbi il fianco
D’un frutto più infelice: ei nacque, e cadde
In man del re, senza che il latte possa
140Succhiar bambin d’un’odïata madre.

Tieste

Ed il feroce Atreo?

Ippodamia

Sì; ei veglia ancora
Su lui; ma che perciò? Cagion non avvi
Poi di temer.

Erope

145Ippodamìa, scordasti
Quel momento terribile, che vide
Il figlio pargoletto? Ei fra le braccia
Forte serrollo: ei gridò sì, che ancora
Nell’alma mi ripiomba il truce grido.
150Te, sì te sol testimone esecrando
Dell’onte mie vedrò compiere un giorno
Le mie vendette.

Ippodamia

Alta minaccia in fatto!
Ma riguardar conviensi anco suo tempo.
155Che vorrestù? Che egual smania e livore
L’occupi da quel dì! Quattr’anni, o figlia,
Quant’han possanza in uom!

Tieste

Troppo t’avvolge
Amor pel rio fratel: quindi mal vedi
Tu i suoi pensier.

Ippodamia

160(Troppo li veggo!)

Erope

(a Tieste)
Omai
Che più si sta? Già mie sciagure udisti;
Fuggi, e ne godi.

Tieste

Cessa al fin tue amare
Rampogne, cessa; partirò: ma dimmi:
165I giuramenti... m’ami?... ti rimembra?

Erope

Ciò per te non rileva: or vatti; ad altro,
Che a tal, pensar tu dei: per te non sommi
Io più, nè tu per me.

Tieste

Come! non sei
170Omai quella di pria?

Erope

Debile e vile
Rimorsi non sentia, quali nel petto
Sento; era allora da profana ingombra
Fiamma; da orrore or son. Tïeste, è questa
175La differenza. Addio.
In atto di partire.

Tieste

Fermati... il figlio...

Erope

Il figlio? Atreo sel tien: lo disserrai,
Pria che annottasse; e immergere volea...
(L’intendi, e fremi e abborri ed abbandona
180Questa barbara madre) insanguinarmi...
Volea le man nel suo seno innocente.
Dopo un breve silenzio.
Ah! fuggi, fuggi, o mi trafiggi. – Scegli.
Come sopra.
Frappoco, sì, morrommi, e d’ogni intorno
Starotti ombra d’orrore: in mezzo a’ cupi
185Più deserti recessi io seguirotti.
Là tronca i giorni tuoi, là seppellisci
Una trista memoria, e là confina
Il vituperio delle genti. – Ancora
Per poco... il figliuol mio; sol quello... e poi...
Come sopra.
190O mio tenero figlio! O sangue mio!
Te svenato volea... non io, non io;
Voleanlo i numi. Misero! tu appena
Vedesti il giorno, e sciagurato, e tinto
Del delitto materno, in carcer tetra
195Chiuso mi fosti sempre. Oh! se sapessi
Quel che un giorno saprai; se tu sapessi,
Come odierai la tua madre infelice
Che ti fè nascer nell’obbrobrio... adesso
Morte vorresti... ed io vorrei spirando
200Raccor l’ultimo tuo fiato innocente. –
A Ippodamìa
Deh! perchè tu non mi lasciasti i giorni
E le sciagure al figliuol mio con questa
Man mia troncar? Fuor di periglio or ei
Fora con me, ch’ei sol trattiemmi il ferro,
205Che pace a me daria: vedi che avvenne
Per tua troppa pietà! Ma invan ten penti.

Tieste

Il figlio mio, sì, il figlio a me nel seno
Deh! perchè a me non dassi? Almeno io possa
Baciandolo morir: comun vendetta,
210Erope, allora ci farem. – Con lui,
Con lui, e fia da noi tutto sfidato
Il furore d’Atreo. –
Si trae un ferro
Vedi tu questo
Ferro di morte? Mentre noi morremo
215Per nostra man, il dolce figliuol nostro
Stringendo insieme, spirerem felici. –
De’ delitti che medita colui
Non vedrà il fine, no: vedrà piuttosto
L’amor nostro finir nemmen con morte. –
220Ma tu non mi negar l’estremo, il solo
Che m’avanza conforto: dì se m’ami;
Indi mi svena; eccoti il petto, il ferro.

Erope

Tu il vuoi, mel porgi;
prende il ferro
e da me ascolta al fine
225 Confessïon di lagrime... Sì, t’amo
Con ribrezzo e rancor; de’ miei delitti
Il più enorme è l’amarti, e il non poterti
Odiar per sempre. – Ah potess’io, che il voglio,
Altrettanto abborrirti... ma non posso.
230Quel punto, in cui giuraiti fe, mi torna
Ognora in mente, e m’atterrisce... È scritto
Nell’averno ogni accento, e nel mio petto
Ripetendo si va... Pur... t’amo... io t’amo. –
Ma a che venisti mai? fuggiti, va.

Tieste

235O infernale voragine, spalancati;
Sorgete, furie! Voi mi strascinate
Lungi da questa terra: io no, non volgo
Orma senza di voi.

Erope

(accostandosi il ferro al petto)
Vanne, o m’uccido

Tieste

240Ti diedi io il ferro... ma... me sol...

Erope

Che stai?
Vibro...
Come sopra.

Tieste

Sì, vo.

Ippodamia

Trattienti; or no; chè incauto
Senno fora il fuggir: ferrate stanno
245Le porte d’Argo: albeggerà; t’andrai
E ratto pìù, e con men rischio.

Tieste

E il ferro?...

Erope

A sant’opra io lo serbo.

Tieste

Esule, inerme
Fuggirò dunque?

Erope

250E fuggi?

Tieste

Il giuro. –

Erope

(dandogli il ferro)
Or l’abbi.

Ippodamia

T’ascondi intanto in quell’asilo.

Tieste

... Addio.
Parte.

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