< Tommaso Moro (Pellico, 1883)
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Atto secondo
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ATTO SECONDO.


Prigione.


SCENA I.

MORO.


Molto amavami il re; ch’egli m' abborra
Creder non posso. Oh giungess’io, col forte
Oppormi a sue ingiustizie, a far profonda
Sovra il suo core impronta di vergogna
E di spavento! Oh me felice s’egli,
Da cotanti applaudito ed ingannato,
In me, ch’oso biasmarlo, il vero amico
Riconoscesse! Non dispero. — E s’anco
I bugiardi plaudenti avesser palma,
E del troppo veridico obliati
Fosser tutti i servigi, ed obliata
L’incorrotta sua vita, ed obliata
La fama ch’ei (soverchia forse) gode?...
Se del troppo veridico la testa
Devota in breve dall’ingrato Arrigo
Al carnefice fosse?... Allontaniamo
Quest’orribil pensieri — No! in tal pensiero
Fermar mi debbo! — A questa giusta impresa
D’esser fedele a Dio, d’oppormi a tutte
Inique leggi, a tutte inique stragi,
Mossi io con leve cor? moss’io col patto
Di trionfar? — Tu il sai, Signor: vi mossi
Dopo fervide preci, e dopo esame
Lungo de’ miei doveri e di mie forze:
E questo forze.... le sentii! le sento!
Fermiam la mente in quel pensier: la morte!
— O sciagurati orfani figli miei!
Che diverranno? — Stolto dubbio! Figli

Diveran di Colui che a tutti è padre,
E più agli orfani! ai miseri! alla prole
Di chi a’ malvagi non curvossi, e cadde!


SCENA II.

CROMWELL e detto.


Moro.Cromwello, tu?
Cromwell.                              Mi manda il re.
Moro.                                                             A qual fine?
Cromwell.Quale orrendo squallor! Tommaso Moro
In sì fero castigo! e già da un anno!
Infelice! Tu il vedi: io son commosso....
Da quel di pria quanto diverso sei!
Pallido, smunto....
Moro.                                    Infermo son, ma l’alma
Non infiacchisce per languir di membra.
A che vieni? A scrutar se m’atterrisco,
Considerando il deperir di questo
Misero fral, di liete aure privato?
Cromwell.Moro, avversario tuo sempre m’estimi,
E pungente favelli. Io t’avversai
Quand’eri in alta sede: or ti compiango,
E il tuo ritorno nella regia grazia
A procacciar consacromi: tel giuro.
Moro.A moltiplici giuri uso è Cromwello.
Cromwell.Tue maligne parole il mio disdegno
Meriterian.... Ma tua sventura è tanta,
Ch’emmi impossibil teco più adirarmi.
Salvarti anelo: credimi.
Moro.                                             Sì lunghi
Anni ci conoscemmo, e ripetuto
Da te fur tanto le codarde prove
Di bassa invidia contro a me, e di tema....
Ch’oggi me coscïenza non rimorde,
Se ti giudico infinto. E poichè infinto
A giudicarti astretto son, tel dico.

Cromwell.Pacatamente tollerar le ingiurie
Che ad oppresso infelice il duolo strappa,
E mal suo grado a lui giovar propongo.
Moro.Magnanimo è il proposto!
Cromwell.                                              A che mi guardi
Fiso così?
Moro.                Sulla tua fronte cerco
S’orma io vedessi di sincero intento;
Di cangiate abitudini, di sacro
Anelito a virtù. Vorrei pentirmi
D’aver su te vibrato occhi sprezzanti:
Esser vorrei d’orgoglio e d’ingiustizia
Stato reo verso te; vorrei stimarti....
Dalle sembianze tue nulla discerno:
Parla, fa ch’io l’animo tuo conosca;
Fa ch’io debba discredermi. Il ciel legge
In questo cor. Se retto io ti scoprissi,
Senza esitar, mi getteria a’ tuoi piedi,
Degli aspri detti miei perdon chiedendo.
Cromwell.Di Rocester il misero vegliardo
È condannato a morte....
Moro.                                                   Oh ciel! fia vero?
Il più illibato de’viventi! il sommo
In virtude fra ’vescovi britanni!
L’amico mio miglior! — E tu a cordoglio
T’atteggi indarno: in tua pupilla fulge
Mal celata esecrabile esultanza.
Cromwell.Quell’infelice amico tuo potresti
Redimer....
Moro.                          Come?
Cromwell.                                         Di colui la vita
Offreti il re, se giuramento presti
Alla novella chiesa e alle sue leggi.
Moro.Parli tu il ver?
Cromwell.                                    Accetteresti?
Moro.                                                   Ansante
E con paura interroghi. Tu tremi
Cha Moro il patto accetti,

Cromwell.                                             Io del mio sire
L’incarco adempio.
Moro.                                    Tua paura acqueta.
Me ritornato nella regia grazia
A spaventarti, a smascherar tue frodi,
Siccome temi, non vedrai.
Cromwell.                                                   (Respiro.)
E dell’amico tuo detti la morte?
Moro.Impedirla non posso!
Cromwell.                                              E lui perdendo,
Perdi te stesso. Oh d’ogni grazia indegno!
Oh il più ostinato de’ mortali!
Moro.                                                             Il dubbio
Che mia costanza oggi crollasse e forse
Del re il favor racquistass’io, parole
Meco soavi suggeriati prima:
Or che perduto mi prevedi, il freno
Osi romper dell’ira.
Cromwell.                                         Alcun diritto
Ad indulgenza, o spirito superbo,
No, più non hai.
Moro.                                    Da’ pari tuoi bramato
In qual tempo ho indulgenza?
Cromwell.                                                        Io fin ad ora
Distolto Arrigo avea dal sottoporti
Al parlamento. Or se a giudizio alfine
Tratto tu vieni, tua condanna è certa.
Moro.Se è ver, che sino ad or tu me sottrarre
Dal giudizio volevi, era speranza
Che il carcer m’avvilisse, e disprezzata
Vita io, simile a te, quindi vivessi.
Non avrai tal trionfo.
Cromwell.                                              Avrommi quello
Di veder dal tuo busto alfin l’audace
Capo divelto e rotolante a terra.
Moro. Ma dirai «Non lo vinsi» e fremerai!
Cromwell.Chi vien?

SCENA III.

MARGHERITA, un Ufficiale e detti.


Moro.                    Tu?
Margher.                          Padre!
Moro.                                    Amata figlia!
Cromwell.                                                             Come!
Divieto evvi del re. Non lice a Moro
Conforto alcun d’amico pianto aversi.
Chi tanto ardì? Vengan divisi.
Ufficiale.                                                       Ferma.
Del re comando è questo.
Cromwell.                                              Oh rabbia! Donde?
Credere il posso?
Margher.                                    Anna Bolena, o padre,
Intercede per noi: ch’io l’adorata
Tua fronte rivedessi, ella m’ottenne.
Moro.Il Signor la pietosa Anna rimerti,
E la ritragga dalla via di colpa
E di sventura, in che mal cauta mosse.
Cromwell.Breve fia vostra gioja!1
Margher.                                              Odi, Cromwello.
Deh, furibondo non partir! Fra i nostri
Nemici più non ti schierar; l’antiche
Dissensioni tue col padre mio
Generoso dimentica. Abbastanza
Egli patì. Sia gioria tua le mire
Della regina secondar; con essa
Contribuir del padre mio allo scampo.
Cromwell.Lasciami, o donna! lasciami! Qual sia,
Perfidi, ancora il poter mio vedrete!2

SCENA IV.

MORO, MARGHERITA.


Margher.Scellerato! — O buon padre, ah! tu con novi
Dispregi forse lo irritasti! Il mio
Dubbio tu affermi. Ah soffri ch’io ten volga
Amorevol rampogna! E come mai
Umil tu sempre con ogn’altro!...
Moro.                                                        Umile
Esser con tutti bramerei; ma forza
Maggior di me m’imbaldanzisce in faccia
A’ manifesti ipocriti; un dovere
Sembrami allor dell’innocente oppresso
Non piegar la cervice innanzi a loro,
Lor fiducia atterrar col vilipendio,
Reliquia forse di superbia è questa:
Me la perdoni il Ciel. Ma il Ciel discerne
Ch’io que’ medesmi ipocriti, que’ bassi
D’Arrigo adulatori, a cui rinfaccio
I lor delitti, nel mio cor compiango,
E prego il Ciel che ridivengan giusti.
Margher.Amato genitor, fatto di tante
Virtudi specchio agli uomini ti sei;
Quest’una non ti manchi: i sensi tuoi
Più sovente dissimula a coloro
Che nocer vonno ed han fatal possanza.
Moro.I sensi miei dissimulai finora
Più che non credi, o figlia. Interrogato
Fui da più d’uno scrutatore astuto
Sulla supremazia ch’entro il britanno
Regno pretende nella chiesa Arrigo;
Interrogato fui sovra il divorzio,
Sovra leggi di sangue e di rapina.
Spesso risposi con ambagi; spesso
Parte velai de’ miei pensieri, e indugio
A più rifletter dimandai. Prudenza
Quell’infinger pareami e senza colpa,

E speme di salute indi io traea.
Or Dio mi pone in cor di quelle ambagi
Disdegno irresistibile; e pavento
Causa non sian di scandalo; ed anelo,
Più apertamente che nol feci mai
Confessar tutto il sentir mio.
Margher.                                                  Che parli?
Misera me! No, padre. I tuoi nemici
Altro appunto non braman, fuorchè trarli
A tai palesi detti onde la legge
Oltraggiata si dica, e su te possa
Suoi fulmini lanciar.
Moro.                                        Ciò che s’aspetti
A me dire o tacer, lascia che Dio
A me l’ispiri, o figlia. Or di tua madre
Deh! mi favella e de’ fratelli tuoi
E delle suore tue. Perchè venuti
Tutti all’amplesso mio teco non sono?
Margher.Egra dal duol sempre è la madre, e spesso
Il senno le si turba, e miserande
A te volge parole, e ti scongiura
Di non volerla uccider, di serbarti
Per lei, pe’ figli tuoi. Piangonle intorno
Le minori mie suore e i pargoletti;
E tutti il Ciel pel carcerato padre
Stancan di preci notte e dì. Famiglia
Più degna di pietà mai non fu vista!
Moro.Oh figli miei!
Margher.                         Di lacrime il tuo ciglio
S’empie, o misero padre. Ah sì! le versa
Su tanti strazïati ed innocenti
Cuori che t’aman! che di te han bisogno!
Che senza te viver non ponno! In tuo
Arbitrio stassi il consolar lor duolo,
Il dissipar quel nembo di sventura
Che spaventosamente or li ravvolge.
Placa l’ira del re. Modo ritrova,
Di non negargli i giuramenti imposti.

Moro.E se tal modo non vi fosse, o figlia,
Tranne di coscïenza soffocando
Le più solenni grida? — Impallidisci?
Margher.Se irremovibil sei, noi sciagurati!
Perderti dovrem dunque? A ciò non posso,
A ciò non posso rassegnarmi, o padre!
Pietà de’ figli tuoi! Pietà del santo
Vescovo amico tuo, che poco lungo,
Qui in orribile carcere, prostrato
La morte aspetta a cui ria legge il danna,
E che salvar tu solo puoi! Concesso
Di vederti mi fu, perchè una volta
A più docili sensi io ti radduca.
Guai se ad Arrigo io ritornassi, e fermo
Te nel rifiuto dirgli anco dovessi!
Consentimi che a lui rechi parola....
Moro.D’ossequio, sì, d’amor....
Margher.                                                  D’obbedïenza....
Moro.In ciò soltanto che conforme io stimi
A verità, a religion!
Margher.                                        Consenti....
Moro.Voce dunque autorevole di padre,
Dal lacerato cor, sulla mia figlia
Alzar dovrò? cessa, m’intendi? cessa
Di tentarmi a viltà. Sì basso ufficio
Alla figlia di Moro non s’aspetta.
Ignori tu, crudel, che i troppo cari
Accenti tuoi, tue lacrime, il dolente
Quadro di mia famiglia sconsolata,
L’orrenda idea d’una mannaja appesa
Sulla cervice del miglior mio amico,
Son tormento maggior delle mie forze?
Margher.Padre!
Moro.          Non proseguir. Tergiamo entrambi
Pianto di noi non degno. Al re ritorna
Con raffermato onesto ardir. Ti mostra
Figlia di Moro. Digli ch’io nemico
Mai non gli fui, che nol sarò giammai,

Ma che obbedirgli dove egli comanda
Di mover guerra a’ miei paterni altari,
D’abborrir molti egregi amici, e plauso
Alzar su lor esigli e su lor morti....
3Non posso!
Margher.                     Oh voce!
Moro. È inappellabil — Figlia....
Ahi, tronco dall’angoscia è il tuo respiro!
Scuotiti; ascolta.... Oh! versa pur, qui versa
Su questo sen tue lacrime dirotte!
Con amor le raccolgo e teco piango.
Ma mentre sacro duolo effonde il core,
Salda la mente, intrepida rimanga!
Margher.Oh ciel! qui muove alcun. Già da te forse
Separarmi vorran.


SCENA V.

L'Ufficiale e detti.


L'Ufficiale.                                         Vien la regina.


SCENA VI.

ANNA, Guardie e detti.


Margher.Anna!
Moro.           Come! tu al carcere di Moro?
Anna. Scendervi io stessa apportatrice volli
Di fausto annunzio. Indussi il re udienza
Oggi a ridarti.
Moro.                          Oh sì gran tempo indarno
Da me invocata sorte! io rivedrollo!
Egli m’udrà! Non più creduta speme
Improvvisa m’inonda. Ei m’abborriva,
Perchè gli astuti cortigiani a lui
Mi nascondean. Sovra il fedel suo servo,
Sovra colui, ch’ei già nomava amico,

Riponendo lo sguardo, ah no! abborrirlo
Più non potrà! — Magnanima! in eterno
Memor sarò del beneficio tuo.
Anna.Venni io medesma, ch’ansia troppo io m’era
Di consigliarti ponderato senno.
Guai se in questa udïenza il re tu offendi!
Saria l’estrema!
Margher.                         A noi soccorra il Cielo!
Anna.Qual pur d’Arrigo opinïone od opra
Ti sembrasse dannevole, a biasimarla
Non affrettarti, o Moro. Il tempo darti
Potrà maggior vittoria. Io molto spero
Da tua virtù, dall’amistà che Arrigo
Ancor nutre per te. Sento, che dono
Alto a lui fo, alla patria mia, se ottengo
Che i degni vostri spirti ricongiunti
Al comun ben s’accordino una volta.
Moro.Dio tue speranze benedica!
Anna.                                                  Andiamo.

  1. Per partire.
  2. Parte; l'Ufficiale pure si ritira.
  3. Elevando risolutamente lo voce.

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