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il pianto dell’amico
Quelli pugnavano intorno la nave fornita di ponti:
Patroclo s’avvicinò ad Achille pastore di genti,
lagrime calde versando così come fonte acqua-nera,
come una fonte che versa acqua bruna da ripida rupe.
Poi che lo vide, pietà n’ebbe Achille, il veloce, il divino:
mise la voce e parlò le parole ch’hanno ali d’uccelli:
“Come se’ mai tutto in lagrime, o Patroclo? come la figlia,
bimba, che corre con mamma, chè vuol che la prenda su in collo,
e per la gonna la piglia e l’impaccia nel rapido andare,
e la riguarda, bagnata di lagrime, fin che la prenda:
simile a quella tu, Patroclo, versi le gocciole tonde.
Vuoi tu chiarirmi d’un che, dai Mirmidoni? ovver da me stesso?
nuove ci sono da Ftia ch’abbi udito da solo, in disparte?
Pure si dice che ancora Menetïo d’Àctore è vivo,
vivo l’Eàcide Pèleo, nel mezzo ai Mirmidoni, ancora,
quelli, ambedue, che, morendo, ne avremmo la pena più grande.
O per gli Argivi tu piangi e ti duoli perchè son uccisi
sugl’incavati navigli, per pena del loro trascorso?
Dimmelo: non lo nascondere: in due lo vogliamo sapere