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il piccino dell’eroe
“Oh! ch’io sia morto e la terra, buttatami sopra, mi celi
prima ch’io senta il tuo grido allorchè ti trascinino schiava!„
Ettore in queste parole, distese le mani al suo bimbo:
dietro, il suo bimbo, sul petto della sua ben vestita nutrice,
con uno strillo piegò, spaventato alla vista del babbo,
per la paura del bronzo e de’ crini ch’avea sul cimiero,
come tremendo lassù, sopra l’elmo, ondeggiare lo vide.
E ne sorrise il suo padre, e la madre onoranda sorrise.
Subito via di sul capo si tolse il prode Ettore l’elmo,
e lo depose per terra, che intorno era tutto un barbaglio.
Egli il suo caro bambino baciò, palleggiò tra le mani,
e così disse volgendosi a Giove ed agli altri Celesti:
“Giove con gli altri Celesti, ben fate che questo bambino
mio tale venga quale io, glorioso tra tutti i Troiani,
e così buono di forze, e che d’Ilio rimanga signore.
Possa alcun dire, col tempo: — Ma questi è migliore del padre! —
quando ritorni di guerra; e ne porti macchiate di sangue
spoglie d’eroe ch’egli uccida; e ne gongoli in cuore la madre!„
Questo egli disse, e posò nelle mani alla cara compagna
il bambinello, e l’accolse sua madre nel grembo odoroso,
con un sorriso di lagrime: e l’uomo la vide e compianse...