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Dall'Iliade - L'inseguimento selvaggio
Dall'Iliade - La corsa Dall'Iliade - Le bilancie del destino


l’inseguimento selvaggio

     Sempre, incalzando, correva dietro Ettore il rapido Achille.
Come se un cane ne’ monti levò dal suo covo un cerbiatto
ed or lo segue sull’orme traverso le valli e le macchie,
quello atterrito, tremante, s’appiatta nei folti cespugli;

l’altro braccandolo corre, nè smette finchè non lo trova:
Ettore agli occhi, così, non sfuggìa del piè-rapido Achille,
chè quante volte cercava di volgersi dritto d’un lancio
verso le porte Dardanie al riparo dei forti bastioni,
se di lassù gli potessero i suoi con le frecce dar mano;
tante, egli prima, avanzandolo, verso la piana cacciava:
verso la piana, ma esso volava pur sempre alle mura.
Come in un sogno, che manca la forza a seguire chi fugge,
che non può l’uno sfuggire a chi segue nè l’altro inseguire:
tali non l’uno poteva raggiungere e l’altro scampare.
Ettore or come sarebbe sfuggito al destino di morte,
se non venivagli Apollo per l’ultima, l’ultima volta,
presso, che a lui suscitò ne’ nembosi ginocchi la forza?
E con il capo accennava alle genti il divino Pelide,
e non lasciava le acute saette gettare su quello,
sì che del colpo altri avesse la gloria, ed e’ fosse secondo.

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