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Dall'Odissea - La pietra di Polifemo Dall'Odissea - La preghiera al dio del mare


chi era niuno

Anzi gli dissi di nuovo con animo torbido d’ira:
“Senti, Ciclope; se alcuno degli uomini nati a morire,
vuole sapere da te quella perdita brutta, dell’occhio;
digli che te lo cavò Odisseo, l’eversore di mura,
figlio che è di Laerte, che in Itaca tiene sua casa„.
Questo gli dissi e colui con un gemito grave rispose:
“Ahimè! chiaro m’è si che mi toccano oracoli antichi!
C’era una volta per qui un profeta ben bello, ben grande,
Tèlemo Eurìmide, il quale in predire fu sommo fra tutti,
che tra i Ciclòpi passò la vecchiaia a predire il futuro.
Bene: mi disse che questo doveva succedere, tutto,
che di sua mano Odisseo mi doveva privar della vista.
Sì, ma io sempre aspettavo che grande, che bello un mortale
fosse per giungere qua, vestito di grande fortezza.
Or è un pochino, un da nulla, un senz’ombra di forza, che l’occhio
mio mi cavò, m’accecò, dopochè m’ebbe domo col vino.
Ma qui ritorna, Odisseo, che ti porga i miei doni ospitali,
ch’io buona rotta t’impetri dall’inclito Scuoti-la-terra:
ch’io sono figlio di lui! esso vantasi d’essermi padre:
esso che mi guarirà,’se Io vuole, e non altri: nessuno
o degli dei fortunati o degli uomini nati a morire„.
     Questo egli disse; ma io gli risposi con queste parole:
“Oh! se potessi così della vita e del tempo privarti!
oh! se potessi mandarti laggiù nella casa del Buio!
come non ti guarirà di quell’occhio nè Scuoti-la-terra!„

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