< Traduzioni e riduzioni < Dall'Odissea
Questo testo è completo.
Dall'Odissea - I funerali d'Achille
Dall'Odissea - Il pianto di morte Dall'Odissea


i funerali d’achille

Per sette giorni e poi dieci, la notte te insieme ed il giorno,
noi piangevamo, sì dei e sì uomini, eterni e caduchi;
quindi ti demmo alla fiamma, e di pecore, intorno la pira,
molte scannammo ben grasse, e giovenchi di lucido pelo.
Tu nella veste divina bruciavi, ed in copia d’unguento

ed in dolcezza di miele; e d’eroi fu gran numero intorno
l’alta catasta, ove ardevi, che tumultuavano in armi,
tanto a cavallo che a piedi, e sorgevane un grande fragore.
Quando poi t’ebbe consunto la fiamma del fuoco, sull’alba
noi trascegliemmo nel rogo l’ossame tuo candido, Achille,
e vi versammo vin puro di sopra ed un balsamo a spruzzi.
Diedeci un’anfora d’oro tua madre e diceva ch’eli’ era
dono di Bacco e lavoro del nobile artefice Efesto.
Dentro quell’anfora è il candido ossame tuo, fulgido Achille,
e mescolato col tuo v’è pur quello di Patroclo morto,
ed in disparte v’è quello d’Antiloco, cui, dopo morto
Patroclo, tu sopr’ogni altro compagno onoravi ed amavi.
E sopra quelli via via una grande, una splendida tomba
quindi inalzammo, noi sacra falange di cuspidi d’Argo,
dove s’avanza nel mare la spiaggia, sul largo Ellesponto:
che comparisce lontano alla gente che viene dal mare,
ed a chi ora è già nato, ed a chi ha da nascere ancora...„.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.