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oltretomba
Ermes, il dio di Cillene, chiamava a sé l’anima fuori,
dei chieditori di nozze: egli aveva nelle mani la verga
bella, dell’oro, con cui le pupille degli uomini incanta,
quali egli voglia, e li desta pur anco dal languido sonno.
Ei le parava con quella: stridevano l’anime andando.
Come le nottole dentro una spaventosa spelonca
stridule svolano, quando qualcuna dal grappolo cada
giù dalla volta, onde penzolano attaccate tra loro;
quelle stridendo così se n’andavano, ed era lor guida
Ermes, il dio salutifero, per i muffiti sentieri.
Oltrepassarono l’acqua d’Oceano, la Rupe di Luce,
oltre le porte del Sole passarono e il regno de’ Sogni:
ivano, ed ecco che furono giunti all’asfòdelo prato,
là per dove è la dimora dell’anime, spettri di lassi.
E vi trovarono l’anima del Peleìade Achille,
quella di Patroclo, quella d’Antiloco, quella d’Aiace:
quella d’Aiace che già di figura e statura il migliore
era de’ principi Achei, dopo Achille migliore di tutti.