< Traduzioni e riduzioni
Questo testo è completo.
Miscellanea Da Catullo

EPIGRAMMI


sotto il leone di leonida
Io, tra le belve, il più forte: tra gli uomini, quello che veglio
     io, che a guardarlo salii con un mio lancio quassù!
Se, come il nome, così non aveva il mio cuor di leone,
     sulla sua tomba i miei piedi io non poneva, mai più!


al vate megistia

È di Megista che vedi, del vate Acarnane, la tomba;
     che, lo Sperchèo contrastando ai Persïani, morì.
Egli, il veggente, sapeva la sorte, sapeva la morte!
     Egli poteva lasciare i condottieri, e restò.


la bella morte

     Se il bel morire è ciò che tocca ai forti
          Questo sugli altri il fato a noi donò.
     Siam per la greca libertà qui morti;
          O gloria, o gloria che invecchiar non può.
*
     Annunzia a Sparta, o forestier, che siamo
          qui, stesi morti, mentre obbedivamo.
anche:
     Ospite, quando ritrovi cittadini di Sparta, di’ loro:
          morti giacendo nel passo ubbidïamo noi qui.


*

Qui fu la battaglia tra Persia e la terra di Pelope, un tempo:
     tre milïoni di là, quattro migliaia di qua.


giudicare è più facile che fare

Ce n’è di buoni, ce n’è di così e così: la più parte
     sono cattivi. Oh! oh! Prova! fa un libro anche te!


la noia di certi discorsi

            “Corano centomila, il doppio Mancino,
               trecento mila Tizio, due volte Albino,
               Sabino dieci, venti tanto Serrano,
               mi devono: da case e fondi milioni
               tre, dalle mandre Parmigiane secento
               mil...„ Afro! sempre questa fola mi conti?
               Oh! altro conta se tu vuoi che ci regga:
               lo stomaco rifammi con un po’ d’oro:
               codeste cose non le posso udir gratis.


l’invidia mascherata

               Soli ammiri poeti d’una volta
               e non lodi se non poeti morti.
               Grazie tante, o Vacerra: non lodarmi.
               Io non voglio morire per piacerti.


la vera poesia

Gauro, tu provi che il mio è un ingegno minuscolo, in quanto
     carmi compongo di cui gustano la brevità.
Bene. Sta bene. Ma, tu che il re Prïamo in dodici libri
     canti e la guerra di Troia, grande sei forse per ciò?
Noi non si fa che fanciulli, che statue piccine: ma vive!
     Grande, un gigante tu fai ch’altro che creta non è.


il poeta scrive per il pubblico

Piacciono, tanto a chi legge, quanto, Aulo, a chi ode, i miei versi;
     ma c’è un poeta che dice: Eh! non c’è male; sì, ma...
Io me n’infischio; chè a’ miei convitati piuttosto che a’ cuochi
     ecco desidero che piaccia la cena che do.


il lezioso

Tutto vuoi dire benino, o Mathone. Alle volte di’ bene:
     anche, così e così; male magaridio, di’.


sempre l’invidia

Loda Callistrato, per non lodare chi merita, tutti.
     Ma, cui nessuno è cattivo, essere buono chi può?


gelosia di mestiere

Odia il vasaio il vasaio; ed il fabbro ha invidia del fabbro:
l’ha col pitocco il pitocco, ce l’ha con l’aedo l’aedo.


chi fa da sè...

Ti sia questo d’argomento ne’ tuoi casi, sempre; che
aspettar non dèi gli amici, quando puoi fare da te.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.