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(Politica) (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
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E gli stati de’ pochi potenti perdono la vita per due modi grandemente manifestissimi, uno è quando i governatori di tali stati offendono il popolo; perchè allora ognuno, che sia nelli magistrati sommi è bastante a mutargli; e tanto più1 quando di tale mutazione si fa capo chi è della fazione medesima. Come fe’ Ligdamo in Nasso, il quale dappoi tenne la tirannide della città.
E il principio di queste sedizioni ha per altre cagioni più differenze, perchè e’ viene alcuna volta da’ ricchi, i quali se non sono nei magistrati, rovinano lo stato; e massimamente quando li partecipanti degli onori sono assai pochi di numero, siccome avvenne in Marsiglia, e in Istro, e in Eraclea, e in molte altre città. Perchè quivi mossono lo stato quei, che non partecipavano degli onori, infino a tanto che da prima ne furono fatti partecipi ancora gli ultimi. Perchè in certi luoghi è dove non è partecipe nel governo il padre, e il figliuolo. E in certi dove non partecipa il maggiore e il minore fratello, ma è questo dove lo stato de’ pochi potenti è più civilmente ordinato. Che in Istro si mutò ei bene in popolare. E in Eraclea si ridusse lo stato da pochi che lo governavano, a secento.
Mutossi ancora in Gnido lo stato de’ pochi potenti, per le contese venute in tra essi nobili; essendo pochi li partecipanti dello stato. E come io ho detto non lasciando il padre, che il figliuolo ne potesse partecipare, nè che più frategli potessino essere di magistrato, ma solamente il più antico, che il popolo essendo entrato in fra loro, che contendevono, e avendo preso capi di loro nobili, assaltò quello stato, e vinse. Chè invero ciò che discorda e debole. In Eritrea ancora quegli stati stretti, che v’erano anticamente al tempo delle reine2, avvenga che ben si portassino quei che amministravano lo stato, con tutto ciò il popolo avendo per male d’essere governato da pochi, mutò quel governo.
Mutansi ancora tali stati da loro stessi per l’ambizione de’ capi, che in due modi si fa tale preminenza sopra gli altri. In uno infra loro pochi, che bene essi ancora hanno capi, avvenga che e’ sieno pochi, siccome erano in Atene quegli infra li trenta, i quali con Caricleo gli altri trenta governavano. E come furono infra li quattrocento nel modo detto quei che con Frinico erano sopra gli altri.
E nell’altro si fa, quando quei pochi, che sono governatori dello stato, si fan capi della plebe, come furono in Larissa li detti conservatori della città, i quali per eleggergli la plebe in tale magistrato, essi però l’andavano osservando. E il medesimo avviene in tutti quegli stati di pochi, dove l’elezione dei magistrati non si fa solamente da chi può avergli, ma ancora dove e’ si creano per via di gran censo, o dalle tribù, e sonvi eletti o da chi ha l’arme o dal popolo (come accade in Abido), e dove li giudizî non sono composti di chi ha in mano lo stato. Imperocchè in tal caso per volersi gratificare quei giudizî, e’ vi si muta il governo, siccome avvenne in Eraclea, che è in sul mar maggiore.
Mutansi ancora quando alcuni cittadini vogliono più tale stato restrignere, perchè allora quei che vogliono essere pari nel governo, sono costretti a chiamare in ajuto il popolo. Fannosi ancora mutamenti in simili stati, quando chi gli governa ha speso le sue facultà con vivere lussuriosamente, imperocchè tali van cercando di cose nuove, e essi o veramente tentano di farsi tiranni, o e’ mettono altri in quel grado, come fe’ Ipparino in Siracusa di Dionisio. E in Anfipoli come fe’ Cleotimo, il quale, ragunati i Calcidensi vicini, e messigli dentro, mosse insieme con loro sedizione contra li ricchi. E in Egina quei che condusse il fatto a Charete, tentò di mutare quello stato per tal cagione.
Alcuna volta adunche si tenta di muovere le cose e alcuna volta di rubare il publico, onde si viene a contese o principiate da questi tali o da chi vuol loro proibire ch’e’ non rubino, siccome accadde in Apollonia di su il mare maggiore. Ma quando lo stato dei pochi potenti è concorde, ei non si può dissolvere agevolmente per cagione intrinseca. E di ciò me ne sia indizio quello stato che è in Farsalo, dove essendo pochi quei che lo governano, contuttociò e’ si mantengono in stato, non per altra cagione, che per ben portarsi.
Rovinano ancora tali stati, quando in esso stato e’ vogliono crearne un altro simile. E ciò interviene quando il governo tutto essendo ristretto in pochi, essi pochi nondimanco non vi possono partecipare de’ magistrati grandissimi, come già accadde in Elide, dove lo stato, essendovi composto di pochi vecchi, venne a diventare di manco, per istare a vita in magistrato essi, che erano a punto novanta, e per essere la elezione di loro che governano violentissima, e simile a quella dei vecchi di Sparta.
Mutansi ancora tali stati stretti e nei tempi di guerra, e nei tempi di pace. Nei tempi di guerra, perchè per la poca fede, che è infra loro e il popolo, e’ son costretti a tor soldati forestieri. E a chi è preposto a tal cura avviene che spesse volte e’ vi diventa tiranno, siccome avvenne in Corinto di Timofane. E se tale cura è commessa a più e’ vi creano un potentato strettissimo. E alcuna volta temendo di non venire in questo pericolo chi governa, lascia ire lo stato in mano del popolo, per essere constretto a servirsi di lui. E ne’ tempi di pace per la poca fede che egli hanno l’uno con l’altro, e’ danno la guardia della città a soldati forestieri, e a un capo che sia di mezzo, il quale molte volte si fa padrone dell’una parte, e dell’altra; siccome intervenne in Larissa, che è intorno a Samo, nel tempo che gli Alouadi governavano quello stato. E in Abido al tempo di quelle compagnie, delle quali era una quella d’Ifiade.
Fansi ancora le sedizioni per essere scacciati questi da quegli altri, che sono nel medesimo stato di pochi potenti, e per perseguitarsi l’un l’altro per via di parentadi e di liti, siccome furono le sedizioni cònte innanzi per cagione di parentadi. E quello stato stretto, ch’era in Eretria composto di quegli che militavano a cavallo, Diagora lo rovinò, essendo stato offeso per via di parentado. E la sedizione che nacque in Eraclea, fu per cagione d’una sentenza data in giudizio. E quella che nacque in Tebe, fu per cagione d’uno adulterio. E fu ben fatta a ragione l’una e l’altra, ma scandolosamente fu vendicata da quei di Eraclea, dico, contro a Eutione3, e da quei di Tebe contra a Archia, perchè gli inimici volsono che l’uno e l’altro fussino legati in piazza al tormento detto Cifone4. Molti stati di pochi ancora furono rovinati da chi nello stato non poteva sopportare tanta superbia di quei che governavano, come fu quello in Gnido, e in Scio5. Intervengono ancora queste mutazioni dal caso e di questi stati, dico, e di quegli che sono chiamati republiche, adunche si conviene ai consigli e ai giudizî per via del censo, e dove per questa via medesima si danno gli altri magistrati. Imperocchè molte volte il censo, che è da prima ordinato, sta bene ai presenti tempi, di maniera che nello stato dei pochi, pochi vi sono partecipi. E nella republica li cittadini mediocri6. Ma quando poi intervenuta quivi maggiore abbondanza per via di pace, e di fortuna prospera occorre che le valute de’ beni sien cresciute in più doppî, conseguita che tutti li cittadini vi possono partecipare dello stato. E tale mutazione viene alcuna volta per l’aggiunta, che si fa a poco a poco, che altrui non se ne accorge, e alcuna volta si fa presto.
Gli stati dei pochi adunche si mutano per le cagioni dette. Insomma gli stati popolari e gli stati dei pochi potenti trapassano alcuna volta non negli stati contrarî, ma in quegli che sono della medesima sorte. Verbigrazia da’ legittimi stati popolari, e stretti nei signorili, e da questi in quegli.