< Trattato de' governi < Libro quarto
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Aristotele - Trattato de' governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro quarto
Capitolo XII:
Dei tempi e dei luoghi da ritrovarsi insieme a mangiare
Libro quarto - XI Libro quarto - XIII


E perchè il numero dei cittadini si debbe distribuire nelle ragunate da mangiare insieme, e perchè le mura sono distinte con baluardi, e con torri nei luoghi opportuni, è manifesto però, che egli è bene ordinare certi di questi ritrovi in simili baluardi, e luoghi fortificati. E tai cose adunche in simile modo ordinare si possono.

Ma li tempî degli Dii, e li ritrovi principali de’ magistrati sta bene che sieno in luogo conveniente, e che il medesimo serva ai sacrificî; se già la legge, o li responsi dei profeti non ne proibissino alcuni, e separassin dagli altri. E tale luogo starebbe ben situato in modo ch’egli avesse apparenza di virtù abbastanza, e di luogo forte rispetto all’altre parti della città.

Sta bene sotto questo sito farvi una piazza come è in Tessaglia quella la quale e’ chiamano la libera; e tale debba essere tenuta netta da ogni mercato di cose, che si vendino, o comperino: e debbesi proibire che nessuno artefice, o contadino, o altra vil gente vi si possa appressare, se non chiamata dai magistrati. E questo luogo arebbe ancora il piacevole, se li ginnasî dei vecchi vi si ragunassino. Che un tale ornamento si debbe ancora distinguere mediante l’età, e fare che certi magistrati stieno appresso dei giovani, e che li vecchi stieno appresso li magistrati. Imperocchè il vedersi i magistrati davanti agli occhi getta una certa riverenza da vero, e un timore da uomini liberi. La piazza, o mercato delle cose da vendere debbe essere da questo diverso, e debbe stare dispersè; e debbe tal luogo avere il sito comodo di maniera ch’e’ vi si possino condur le cose, che vengono dal mare, e quelle che vengono per via di terra.

Ma perchè il numero de’ cittadini si divide in sacerdoti, e in magistrati, perciò sta bene, che li ritrovi dei sacerdoti abbino un luogo propio, dove sono li tempî: e de’ magistrati tutti quegli, che hanno l’autorità intorno ai commerci e contratti, che si fa l’un coll’altro, e intorno ai piati mercantili, e altre simili faccende; e quegli che l’hanno intorno all’edilità, e alla cura della città: debb’essere, dico, loro preparata la stanza in su la piazza in luogo publico. E tal luogo sta bene in su la piazza, che serve alle cose necessarie1. Perchè la piazza detta di sopra vorrei stesse netta, da questi imbratti, e che questa altra servisse agli usi necessarî.

Debbesi ancora imitare questo ordine detto nella provincia, dovendosi quivi ancora preparare

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i luoghi per li magistrati dove e’ si ragunino a mangiare, i quali magistrati son detti terminatori de’ confini, e conservatori del contado. Debbesi ancora fare i tempî per la provincia, parte agli Dii, e parte agli eroi. Ma il consumare il tempo in dire queste cose minutamente è superfluo, imperocchè non è difficile a escogitarle, ma piuttosto metterle in atto; perchè il dirle è uffizio di desiderio: e che accaschino in fatto è uffizio di fortuna. Onde lascisi al presente il più dirne.


Note

  1. Come diremmo noi sul Mercato vecchio.

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