< Un giovinetto di Canzano
Questo testo è stato riletto e controllato.
II - Il Medico celeste
V

VI.


il medico celeste


     Fama è che l’alme egregie, a cui tra’ vivi
D’alcun’arte o scïenza amor s’apprese,
Sovente anche lassù piglin diletto
De le bell’opre antiche ond’ebber grido:
5Ma d’umano più nulla han gli alti studi,
Perchè de la Bellezza, in cui stan fisi
Gl’intelletti da tutte ombre disciolti,
Esemplo unico è Dio. Per ciò, laddove
Ha rupi di berillo e di zaffiro,
10Scintilla in oro lo scalpello eterno
Dell’Angiol di Firenze: e intorno al sommo
Angiol d’Urbin l’eteree Forme a gara
S’affollano, pregando che lor danze
Maravigliose in quei color’ dipinga
15Che ridono ne’ fior del paradiso.
Altri pel ciel se n’ va melodïando,
E chi dà ne le gighe e nei liúti,
E chi, seguendo il gran Signor dei salmi,
Continuamente inneggia. O gaudïosa
20Anima, a cui sacrato è il rude verso
Che omai s’acqueta, tu godesti in terra

Entro le scuole affaticar di Coo,
E nel pensier le gioje ti fingevi
De l’avvenir: ma ne’ giardini eletti
25Di lui che detto è il Farmaco d’Iddio,
Immortal Raffaele, spazïando
Vai già forse, e le rare erbe contempli,
E le lucide, a noi disconosciute,
Di nettare e di balsamo e di ambrosia
30Odorate sorgenti. Or d’altri morbi
La cura a te si aspetta; e tu celeste
Medicator sarai, chè duro strazio
È in que’ petti che a te senza riposo
Sospirali dolorando! — E ancor tu indugi
35A stillar dentro a quelli un’onda almeno
A’ santi rivi attinta? — Allor vedrai
Farsi lor cruda ambascia a grado a grado
Un pietoso disio di vagheggiarti
Ne’ raggi onde sei chiuso; e a tutte l’ore
40Lauretta, aprendo a novo riso il labbro,
Favellerà con te, quasi ancor fossi,
Aerea sembianza, accanto a Lei.
     E qui la Musa de’ sepolcri amica
Mi consiglia il silenzio: il cor non sazio
45Ragionerà con Jacopo. Non chieggio
Che all’umil verso a tomba umíl sacrato
Plaudan le genti: io sol godrei che il lieto
Giovine Spirto, nel mirar che vôlti
Sono i suoi cari a queste carte, un riso
50Donasse al suo Poeta, ed a’ beati
Crescesse gioja, lor dicendo: ancora
Evvi un petto laggiù che, di pietate
Tutto molle ed ansante, al ciel sospira.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.