Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Giovambattista Gelli a Francesco di Sandro amico suo carissimo | Giotto di Bondone | ► |
Cimabue da Firenze.
Fiorì Giovanni cognominato Cimabue ne l’arte de la pittura in Firenze circa agl’anni del Signore MCCLXXX e fu molto stimato, di maniera che quando cavò fuora quella tavola grande dov’è dipinto di suo mano nostra Donna col Banbino e con alcuni angioli attorno, la quale è oggi in santa Maria novella fra la cappella de’ Rucellai e quella de’ Bardi da Vernia sopra quella sepultura di pietra fuora del muro, e vi andò la Signoria di Firenze a vederla in persona e fecesi il giorno festa per tutta la città. Nè furno le sue cose stimate per essere miglior dell’altre che in questi tempi si facevano, imperò che seguitò strettamente la maniera greca che si usava in que’ tempi, nè vi agiunse cosa alcuna, ma per essere il primo italiano che cominciassi a dipignere, imperò che allora non ci erano altre pitture che quelle che venivano di Grecia o che facevano alcuni Greci ch’erano in Italia in que’ tempi, e però mancò dipoi subito la sua riputazione come venne Giotto, il quale cominciò con nuova maniera a ritrovar l’arte, il che bene ne dimostra Dante dicendo:
Credette Cimabue ne la pittura
havere il vanto et ora à Giotto il grido.
Sonci di suo mano in Firenze la tavola sopradetta e una dossale di un altare in santa Cicilia in piazza, e certe fighure nel chiostro di santo Spirito. È im Pisa un san Francesco, e ne la chiesa di Scesi alcune storie le quali furono poi seguitate da Giotto ne l’utimo de l’età sua. Fu poco ricordo di lui mediante la riputazione di Giotto come s’è detto.