< Verona illustrata < Parte prima
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All’inclita repubblica veneta
Parte prima Parte prima - Al benigno lettore

ALL’INCLITA

REPUBLICA VENETA

UNICA DISCENDENZA DELLA ROMANA

SCIPIONE MAFFEI1

L’Opera, che dopo molt’anni di non interrotta fatica a questo eccelso Trono, Principe Serenissimo, Eccellentissimi Senatori, io finalmente presento, giovami di svelare, come non già da studiosa industria promossa, ma da un certo ingenito ardore eccitata venne, tramandatomi da’ miei Maggiori col sangue, di contribuire ancor io nella mia tenuità qualche cosa allo splendore del nome Veneto, e alla gloria non mai abbastanza diffusa di questa eterna Republica. L’antica Istoria di Verona, città Veneta fin dalla prima origine, nè si potea continuatamente ordire, nè propor si potea con chiarezza e con fondamento, senza estendere alla region tutta il Trattato, e senza rammentarvi i principali fatti in essa avvenuti, e delle città nella Venezia comprese le varie condizioni, e le vicende ne’ secoli de’ Romani e poi de’ Goti e de’ Longobardi accadute venirvi rappresentando. In questo modo anche il nascimento di questa invitta Dominante e le prime età di questo incomparabil governo son venute a cadere nel mio argomento: con qual mia gioja non saprei esprimerlo; imperciocchè certa cosa è che non potrebbe mai con tutti i suoi sforzi l’arte oratoria tanto coronar di lode questa Republica, quanto, senza aver tal mira, forza è che venga a farlo la pura Istoria; e che non saprebbe acuto ingegno recarle con rettorici elogi sì grand’onore, quanto il nudo e semplice racconto del suo principio e delle sue gesta le può produrre. Mi è convenuto adunque far conoscere col testimonio de’ Romani Scrittori e de’ Greci, come le colonie delle città Venete erano illustri sopra tutte l’altre, e di nobiltà Romana distintamente ripiene; e come dal fior di esse, concorso a rifugiarsi in questi fortunati riposi del mare, nuova città e nuovo governo si vennero dipoi in breve tempo a comporre. E la città però e la popolazione da’ Romani fondata e di Romani composta anche uniforme principio con Roma ebbero e co’ Romani, perchè nate parimente da gente in luogo di ricovero adunata, e in sito di sicuro asilo raccolta. Ma vaglia il vero, quanto più nobile, quanto più pura e riguardevole e chiara fu mai la Veneta origine della Romana? imperciocchè l’asilo, cui per far moltitudine aperse Romolo, chiamò, come per gli Storici è noto, da piccioli luoghi de’ circostanti paesi gli esuli e i malfattori2; e l’asilo per queste isolette prestato, da famosissime città chiamò principalmente le primarie e le più scelte famiglie, cioè a dir quelle che modo aver poteano e sussidj per sottrarsi alla ruinosa procella de’ barbari eserciti, e che preziose cose premura aveano di porre in salvo. Quinci fu che non cadde loro altramente nell’animo di eleggersi un Principe il quale con assoluto imperio gli altri reggesse, come nel suo principio fece Roma, che sotto i Re passò due secoli, e quasi la metà del terzo; ma i lor primi pensieri furon di libertà, le prime leggi di comunanza, il primo instituto di Republica. Continuando però dalla Venezia tutta a concorrer gente, con mirabil cambiamento il nome della provincia si traslatò alla città: ben da ciò dimostrandosi come, per la quantità delle persone più degne venutevi d’ogni parte, la città si era resa un civil compendio della provincia; e con faustissimo auspicio al dover essa un giorno di così ampia e così ubertosa regione diventar poi regina, in tal modo preludendosi. Vedesi in quest’Istoria ancora, come fino in tempo de’ Goti da’ Veneti legni già si scorreva ampiamente il mare; vedasi come in tempo de’ Longobardi co’ Re d’Italia e con gl’Imperadori Greci non si temea d’intraprender guerra. Qual piacere e qual giubilo il riandare e l’esporre sì fitte cose non doveva destar nell’animo di chi vanta miglior retaggio dagli antenati, che la divozione al Veneto nome? Nel primo ingresso del Serenissimo Dominio in Verona, ad Antonio Maffei, ornato del grado della milizia, toccò la sorte d’essere eletto a portare in segno della nostra dedizione a Venezia, ed a presentare a questo medesimo Soglio la publica insegna, come i nostri monumenti registrano. Nella battaglia al Taro Pietro Maffei insieme co’ più risoluti condottieri restò sul campo, come Arnoldo Ferroni nelle sue Storie racconta. Nella guerra di Gradisca Vicenzo Maffei ebbe sorte con la sua banda d’uomini d’armi di segnalarsi distintamente; in quella di Candia due dell’istessa stirpe lasciaron con gloria la vita. Un mio fratello, che un anno burrascoso comandò le truppe di Baviera nell’ultima guerra d’Ungheria, desiderando terminare in ossequio del natural Sovrano i suoi giorni, offerse il servigio suo e la persona; ma tradì morte la brama, e troncò, il maneggio e ’l disegno. Che potrei far io per insistere nell’orme di tutti i miei, se non che consacrar me stesso e i miei tenui parti? Degna opera sarà però della magnanimità e della clemenza vostra, se al buon animo unicamente riguardando, e non alla povertà del tributo, l’umile offerta di questo volume vi degnerete d’accogliere e di sovranamente onorare.

  1. Dedicatoria premessa all’edizione di Verona del 1732.
  2. S. Aug. Op. imp. lib. i, n. 22. Civitatem quam Rex ejus Rumulus, congregatis undecumque peccatoribus, condidit.

Note

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