< Verona illustrata < Parte terza
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Parte terza Parte terza - Capo primo

PROEMIO


Parlando Strabone della città di Tarso, afferma che i suoi cittadini nella generalità delle cognizioni e nell’eccellenza delle discipline superavano gli Ateniesi e gli Alessandrini: della qual maraviglia ben quivi appar la ragione: cioè perchè i Tarsesi non soleano starsi sempre nella lor patria, ma aveano in uso di perfezionarsi viaggiando (lib. 14 τελειοῦνται ἐκδημήσαντες). Così fa in oggi parimente chiunque brama distinguersi; ma quanto maggior sarebbe il profitto de’ viaggi e ’l diletto, se libri si avessero che d’ogni città di considerazione e d’ogni provincia l’intime e più importanti notizie suggerissero, e additassero le cose in ogni genere singolari e osservabili! Molta parte dell’Istoria è spesso attaccata a così fatte osservazioni, come si può singolarmente da Pausania raccogliere. Di alcune città veramente somiglianti Indici pur si trovano, ma in qual modo per lo più lavorati, altri potrà esaminare. Arduo per certo, e lungo assai più che non si crederebbe, riesce a chi ben intende ogni assunto di cotal fatta. Il gran Catone fra tutte l’opere sue particular lode di dottrina e d’industria meritò da Cornelio Nepote per quella parte di una, in cui avea esposto quali cose si trovassero in Italia e nelle Spagne ammirabili (in Cat. quae in Italia, Hispaniisque viderentur admiranda). Qual disgusto mai a chiunque piena notizia tenga di molte città in Italia, il vederle descritte, e ricercate talvolta in volumi tanto pieni di cose false, e tanto digiuni e vuoti delle vere! Nè di molto sussidio posson esser coloro che sogliono a gli stranieri servir di scorta; il qual uso fiorì per altro anche a’ tempi antichi, menzion facendosi fino da Cicerone di quelli che a veder le cose notabili i forastieri solean condurre (Verr. 6 qui hospites ad ea quae visenda sunt ducere solent). Stimasi comunemente che dell’Italia ogni angolo sia già noto, scrutinato ogni sasso, osservata e divulgata ancora ogni carta da molti. Ma quanto lontano sia ciò dal vero, dalla notizia che in questi fogli d’una sola città si presenta, arguire si potrà forse e conoscere. Il grand’arco di Susa alle porte d’Italia alzò pur sempre la superba fronte su gli occhi appunto de’ più famosi viaggiatori e più dotti: non pertanto la sua bellissima Iscrizione, che sì rare notizie contiene, rilevata non era mai stata da veruno, nè posta in luce. Ma lasciando dell’altre parti, niun’operetta di questo genere essendosi lavorata mai per appagare la curiosità de’ forastieri in Verona, potrà la presente esser di buon grado ricevuta, qualunque siasi. In troppo maggior numero dovrebber essere veramente le cose da osservare in questa città. Qual piacere e qual pregi0 se ci rimanesse l’antico Teatro, la sepoltura d’Alboino, il Palazzo di Teodorico, le pitture nominate da Raterio nel secol decimo? Ma tra per la forza del tempo, e pel genio grande che sogliono aver gli uomini a disfare e a distruggere, non ci resta più che quanto andremo in questi fogli accennando. Porremo insieme i generi delle cose, perchè possa ciascheduno facilmente soddisfarsi nel suo particolar diletto. E siccome non a gli estranei solamente, ma intenzione è di render utile anche a’ cittadini questa ricerca, così anche a questi s’indirizzerà di quando in quando il ragionamento. Nè saranno forse anche per essi affatto inutili certe notizie, famigliare da per tutto essendo il costume di aver per nulla le cose domestiche, come scrisse il nostro Plinio (l. 35, c. 10: sordebat ille suis, ut plerumque domestica); e avvenendo bene spesso, come pur l’altro Plinio disse, che per averle sotto gli occhi, cose si trascurino e si disprezzino, per veder le quali si farebbe un viaggio, se lontane fossero (l. 8, ep. 10: ad quae noscenda iter ingredi, ea sub oculis posita negligimus). Avvien non di rado che della Cina e dell’Indie altri si faccia conoscere non leggermente informato, e della patria sua e di quanto è in essa malamente sappia render conto. E pure qual maggior contento che il gustare e il comprendere tutto ciò che si ha tuttora dinanzi a gli occhi? e qual maggior vergogna che di non conoscerne il valore ed il pregio, quasi rustici montanari che orientali gemme avessero tra le mani? Quinci è, che tanto cari avea Tullio gli scritti di Varrone, il quale a’ Romani, quasi nella lor patria stessa forestieri, si era fatto guida (Accad. I: nos in nostra urbe peregrinantes, errantesque tamquam hospites, ec.).





1. Porta S. Zeno. 11. Ponte nuovo. 21. Piazza della Bra.
2. Porta del palio. 12. Ponte delle navi. 22. Anfiteatro.
3. Porta nuova. 13. Isola 23. Teatro e Museo.
4. Porta del Vescovo 14. Campo Marzio. 24. Arco antico.
5. Porta S. Giorgio. 15. Fiera di Muro.
6. Castel S. Felice 16. Fiumicello Porta antica.
7. Castel S. Pietro 17. Adigetto. + Chiese.
8. Castel vecchio 18. Muraglia di Cittadella.


N.B. La linea punteggiata
indica il Recinto antico

9. Ponte del Castel vecchio. 19. Piazza de’ Signori.
10 Ponte della Pietra. 20. Piazza dell’erbe.
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