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II. Paralipomeni della Batracomiomachia - Canto VIII Nota

APPENDICE

VARIANTI

I — Inno a Nettuno.

Avverto che non registro gli errori dello Spettatore, né le lievi differenze di interpunzione; e che il Leopardi, nella edizione sua richiamò con numeri le singole note; io invece, seguendo l’esempio del Giordani e Pellegrini, per non interrompere spesso e fastidiosamente la lettura con quei richiami, ne ho liberato il testo, riferendo le note alla numerazione dei versi.

II — Nella morte d’una donna.

Al V. 59 l’autografo ha:

Ora di sua costanza e in quella colpa

È evidente che quell’«in» è un trascorso di penna, e doveva esser tolto.

III — La guerra dei topi e delle rane.

(Rifacimento del 1821-22)

Non mi è parso necessario dar per intero, come altri ha fatto, anche questa redazione intermedia tra quella del 1815 (vedila nel vol. V di questa edizione) e la definitiva del 1826; e ho, per compiutezza, registrato le sole correzioni della prima che non sono rimaste nella terza.

CANTO I

St. I, v. 1. Mentre a novo m’accingo
2. Scendete a me che il vostro
II, 3. Che salva giunga a la piú tarda etate
4. ... per vostro dono
III, 5. Il grido ch’oggi ancor
IV, 1. ... fra’ topi il piú leggiadro
3. Campato allor d’un gatto astuto e ladro
4. Acchetava il timor...
6. Dal pigro stagno...
V, 1. Se gli fece vicino
2. A che venisti e donde
3. Di che gente sei tu, di che paese?
4. Che famiglia è la tua?
5. Che se da ben conoscerotti
VII, 1. Che, per amor del mio gran padre, Limo,
3. Ma vago se’ tu pur se bene estimo
6. Schietto ragiona
X, 3. Tu di sguazzar ne l’acqua
4. Ogni miglior vivanda è mia pastura
6. E non è parte ov’io non
XII, 1. Non sí tosto è premuto
2. Ch’assaggio
XIII, 2. Questi cibi non fan per lo mio dente
XVI, 4. Scherza a suo grado
5. Perch’a la razza mia
XVII, 4. Che non t’abbi a cadere in precipizio.
XVIII, 4. E sopra il tergo seco trasportollo.
5. ... il topo malaccorto
XIX, 2. E che la ripa
5. Piangendo si dolea
XX, 3. Sudava tutto e ne gocciava il pelo;
XXI, I. Pallido alfin gridò
4. Cosí non conduceva
XXII, 2. ... un serpe esce a fior d’onda
6. Lascia al talento de l’avverso fato.
XXIII, 1. Disteso ondeggia
2. Il meschinel
4. Di sostenersi a galla: or quando vide
XXIV, 1. Co’ calci la mortale
6. Ch’era vano affrontarmi

CANTO II

St. I, V. 4. Corse a recar la nova e in un momento
II, 2. Chiamando i sorci
III, 1. Tutti quel giorno appresso
2. Levarsi e a casa andar di Rodipane
3. Gli sedevano intorno e quegli
4. Alzossi e prese a dire:
IV, 1. Sciagurato ch’io son!
5. La trappola, con cui, feroce e scaltro
6. L’uom fa strage di noi,
V, 4. E che badiamo? Or via
VI, 3. — Armi — gridàro — all’armi— e pronto a l’uopo
VII, 2. In un punto si fèr gli stivaletti
3. (Rósa giusto l’avean quell’altra notte);
5. Di cuoio per legarle, e fu
VIII, 1....audaci schiere
IX, 2. A la triste novella. Uscirò in terra;
4. L’improvvisa cagion
5. Ecco venir Montapignatte
X, 1. Piantossi fra la. turba
XI, 6. E detto questo fé’ ritorno a i suoi.
1. Ne’ ranocchi
XII, 3. Trema e palpita
4. Né l’amara disfida
XIII, 1. Cacciate, rane mie,
5. Dal notar che voi fate emulo e vago
6. Si mise a l’acqua e s’affogò nel lago.
XIV, 1. Noi vidi tuttavia quando annegossi
4. Non è la razza vostra
5 e de lo sciocco ardire
6. Ne la battaglia avrannosi a pentire.
XV, 6. Costringeremo a far ne l’acqua
XVI, 1. Cosi fuor d’ogni rischio
3. Né fia chi dal pantan faccia ritorno
4. Date orecchio pertanto...
5. In assetto poniamci allegramente
6. Che sbrigheremci or or...
XVII, 1. Ubbidiscono a gara e co le foglie
5. Di chiocciole ricopresi
XVIII, 4. Le due falangi addita
XIX, 2. S’andasser tutti a casa di Plutone,
3. Per me non fiaterei
6. E suggon l’olio, che si spegne il lume.
XXI, 1. Ma quel che piú mi scotta e quel che mai
2. Non m’uscirà di mente
3. Mi rosero il mio velo
4. ... Era gentile e fino;
5. Ch’io l’avea pur tessuto; e già mei trovo
6. Tutto forato e guasto, ancor che novo.
XXII, 3. ... e quegli tutto il giorno
4. ... e la mercé mi chiede
XXIII, 2. E pur troppo una sera
3. Ritornata dal campo a la tard’ora
4. Stanchissima a posar mi collocai;
5. Ma dormir non potei...
6. Dal gracidare eterno...
XXIV, 2. Fin quando spenta la diurna luce
4. Orsú, nessun di noi schermo né duce
5. Si faccia di costor che in guerra vanno.
XXV, 2. Se fosse ivi presente
4. Star mirando la pugna allegramente.

CANTO III

[Anche in questa seconda redazione, come poi nella definitiva, i canti III e IV in cui era stato diviso il poemetto nel 1815, furon ridotti a uno solo, continuando la numerazione delle stanze.]


St. II, V. 2. Leccaluomo feria
4. Lo sfortunato...
5. ... e a Fangoso
III, 1. Quei tra la polve sí ravvolge e more;
5. Percosse e a terra lo mandò supino
6. Mette uno strido...
V, 4. Leccaluomo traea da l’alta sponda:
VII, 2. Stilla il cervello... intride
4. Giacinelfango d’una botta
VIII, 1. Da l’erto lo precipita
IX, 6. Spezza la destra gamba ed il ginocchio.
XI, 4. Per buona sorte a un fossatello arriva,
5. Ne la zampa fra tanto a Gonfiagote
6. Rodipan vibra un colpo e lo percote.
6. Correa Porricolore a dargli aiuto.
XIII, 2. Ma non gli passa manco la rotella.
XIV, 2. Giovane d’alto cor, d’alto legnaggio,
XVI, 1. ..... che veggio in terra?
XVII, 1. E che pensiero è il tuo?
2. Con gente di tal sorta...
XVIII, 2. Ma certo basteranno i dardi tuoi.
XIX, 3. Da’ più robusti cardini la terra;
XX, 4. Ma Giove che salvargli ad ogni costo
5. Deliberato avea, truppa alleata
6. A rincorar mandò
XXI, 2. Di specie sopra ogni altra...
2. Lo scontraffatto stuolo appena...
3. Che si mette fra’ topi,
6. E quel che la seguia fuga e minaccia.
XXIII, 1. .... troncavano col morso
2. E fecero un macello
3. Fiaccando ogni arma ostil co l’aspro dorso.
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