< Viaggio al centro della Terra
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Jules Verne - Viaggio al centro della Terra (1864)
Traduzione dal francese di Anonimo (1874)
XLV
XLIV

XLV.

Ecco la conclusione d’un racconto al quale non vorranno credere le persone più avvezze a non meraviglia-re di nulla. Ma io sono corazzato in anticipazione contro l’incredulità umana.

Noi fummo ricevuti dai pescatori stromboliotti, coi riguardi dovuti a naufraghi. Essi ci diedero vesti e viveri.

Dopo quarantott’ore di aspettazione, il 31 agosto, una navicella ci portò a Messina, dove alcuni giorni di riposo bastarono a rimetterci di tutte le nostre fatiche.

Il venerdì 4 settembre, c’imbarcavamo a bordo del Volturno, uno dei vapori postali delle Messaggerie Imperiali di Francia, e tre giorni dopo approdavamo a Marsiglia, non avendo più se non un pensiero in mente, quello della nostra maledetta bussola. Questo fatto inesplicabile non mi dava requie. Il 9 settembre, alla sera, arrivammo ad Amburgo.

Quale fu lo stupore di Marta, quale la gioia di Graüben, io rinuncio a descriverle.

«Ora che tu sei un eroe, mi disse la mia diletta fidanzata, non avrai bisogno di lasciarmi, Axel.»

Io la guardava. Essa piangeva sorridendo.

Lascio pensare quale commozione producesse in Amburgo il ritorno del professore Lidenbrock. Per le indiscrezioni di Marta, la notizia della sua partenza pel centro della Terra si era sparsa nel mondo intero. Non vi si volle credere e rivedendolo non vi si credette meglio.

Tuttavia la presenza di Hans e varie informazioni venute dall’Islanda modificarono a poco a poco l’opinione pubblica, Allora mio zio divenne un grand’uomo, ed io il nipote d’un grand’uomo, ed è già qualche cosa. Amburgo diede una festa in onor nostro. Allo Johannaeum ebbe luogo un’adunanza pubblica, in cui il professore raccontò la sua spedizione, non ommettendo se non i fatti relativi alla bussola. Nel medesimo giorno egli depose negli archivi della città il documento di Saknussemm, ed espresse il suo vivo dispiacere pel fatto che, avvenimenti più forti della sua volontà, non gli avessero permesso di seguire fino al centro della Terra le traccie del viaggiatore islandese. Fu modesto nella gloria, e la sua riputazione crebbe, Tanto onore doveva necessariamente suscitargli intorno degli invidiosi. Egli ne ebbe, e siccome le sue teoriche, fondate sopra fatti certi, contraddicevano i sistemi della scienza sulla questione del fuoco centrale, dovette sostenere colla penna e colla parola discussioni importantissime cogli scienziati d’ogni paese.

Per parte mia, non posso ammettere la sua teorica del raffreddamento e, nonostante ciò che ho visto, credo e crederò sempre al calore centrale. Ma confesso che certe condizioni ancora mal definite possono modificare siffatta legge sotto l’azione di fenomeni naturali.

«Färval» ci disse un giorno Hans: e con questa semplice parola d’addio parti per Reykjawick dove giunse felicemente. Eravamo singolarmente affezionati al nostro cacciatore di eider. La sua assenza non lo farà giammai dimenticare da coloro a cui egli ha salvato la vita, E certo io non morrò senza averlo riveduto un’altra volta.

Per finire devo aggiungere che questo viaggio al centro della Terra fece grande impressione nel mondo. Fu stampato e tradotto in tutte le lingue.

Cosa rara! mio zio godeva vivente di tutta la gloria ch’egli aveva acquistata, tanto che il signor Barnum gli propose di metterlo in mostra negli Stati dell’Unione a prezzo elevatissimo.

Ma un pensiero o meglio un tormento si cacciava di mezzo a tanta gloria: un fatto rimaneva inesplicabile, quello della bussola; ora per uno scienziato, simile fenomeno misterioso è un supplizio dell’intelligenza. Ma il cielo serbava a mio zio una fortuna completa.

Un giorno, ponendo in ordine una collezione di minerali del suo gabinetto, vidi la famosa bussola e l’osservai. Da sei mesi era là nel suo cantuccio, ignara degli affanni di cui era cagione.

D’un tratto, qual fu il mio stupore! gettai un grido e il professore accorse, «Che c’è? domandò egli.

— Questa bussola!...

— Ebbene?

— Il suo ago indica il sud e non il nord.

— Che dici?

— Guardate! i poli sono mutati.

— Mutati!»

Mio zio guardò, confrontò e fe’ tremare la casa con un balzo superbo.

Qual luce rischiarava a un tempo il suo spirito e il mio!

«Cosicchè, esclamò egli quando potè parlare, dal nostro arrivo al capo Saknussemm, l’ago di questa dannata bussola marcava il sud invece del nord.

— Evidentemente.

— Ora il nostro errore si spiega: ma qual fenomeno ha potuto produrre tale rovesciamento dei poli?

— Nulla di più semplice.

— Spiegati, giovinotto mio, — Durante l’uragano, sul mare Lidenbrock, quella palla di fuoco che calamitava il ferro della zattera aveva semplicemente disorientato la bussola.

— Ah! esclamò il professore, scoppiando dalle risa, era dunque un tiro dell’elettricità!»

Da quel giorno in poi, mio zio fu il più felice degli scienziati, ed io il più felice degli uomini, poichè la mia bella Virlandese, abdicando al suo stato di pupilla, prese posto nella casa di Königstrasse, nella doppia qualità di nipote e di sposa. Inutile aggiungere che suo zio fu l’illustre professore Otto Lidenbrock, membro corrispondente di tutte le società scientifiche, geografiche e mineralogiche delle cinque parti del mondo.

fine.

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