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Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
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LXIII. | MARIA |
moulins
Nè io aveva peranche provato l’affanno dell’abbondanza — ma traversando il Bourbonnois, temperatissima contrada di Francia — nel tripudio della vendemmia, allorchè la natura profonde in ogni grembo la sua dovizia, e gli occhi dei suoi figliuoli si sollevano per gratitudine al cielo — e la musica comparte allegramente il lavoro — e tutti portano danzando i loro grappoli — ed io ad ogni passo del mio viaggio mi sentiva prorompere e infiammare nell’anima mille affetti per tanti gruppi che mi venivano incontro — ed ogni gruppo m’era liberale di liete avventure.
Dio mio! ne riempirei venti volumi — e ohimè! pochi e brevi fogli appena m’avanzano, e dovrò darne almen la metà alla povera Maria, la quale fu già incontrata dall’amico mio Shandy presso Moulins.
Perchè in questo e nel seguente capitolo Yorick tocca un racconto che molti de’ suoi concittadini e pochi de miei hanno letto, io traduttore stimai bene di volgarizzarlo, e di frammetterlo qui come segue:
Continua il capo LXIII dell’itinerario di Yorick.
Il racconto di questa donzella impazzita m’avea pur commosso leggendolo; ma vedendomi in quelle vicinanze, mi tornò al pensiero sì fieramente che con irresistibile forza mi strascinò mezza lega fuori di strada al villaggio de’ suoi parenti a domandarne novella.
Questo è un andare, e il confesso, come il cavaliere della Trista Figura a caccia di dolorose avventure — ma, e non so come, io non mi sento si pienamente conscio dell’esistenza d’un’anima in me se non quando mi trovo ravvolto nelle malinconie.
La vecchia madre venne sull’uscio, e il suo aspetto, innanzi che le sue labbra s’aprissero, mi narrò tutti i suoi guai — L’era morto anche il marito; morto da un mese, diceva ella, d’angoscia per la misera infermità di Maria — e allora ho temuto che per questa sciagura la povera fanciulla perderebbe anche la poca ragione che le rimane — invece par che rientri in sè — ma non trova mai quiete — la mia povera figliuola, e così dicendo piangeva a lagrime amare, va ramingando, chi sa dove, lungo la strada.
— Perchè, mentre io scrivo, il polso mi batte languidamente? e come mai La Fleur che par ch’abbia il cuore creato solamente per l’allegria, ripassava il rovescio della sua mano due volte sugli occhi, mentre la vecchia stava ritta sull’uscio parlandomi? — Accennai al postiglione che ripigliasse la strada.
Un miglio e mezzo di qua da Moulins, verso un viale che mette a un boschetto, scopersi la povera Maria che sedeva sotto un pioppo — sedeva col gomito sul grembo, e col capo chino da un lato sovra la palma — un ruscelletto scorreva a’ piedi d’un albero.
Ordinai al postiglione che andasse col mio sterzo a Moulins — e a La Fleur che mi facesse allestire da cena — perchè io gli avrei seguitati passeggiando.
Essa era vestita di bianco, e quale è descritta dall’amico mio; se non che le sue chiome raccolte allora in una rete di seta, cascavano, quand’io la vidi, abbandonate — aveva anche aggiunto al suo guarnellino un nastro verde pallido ad armacollo donde pendeva il suo flauto — la sua capra le era stata infedele al par del suo innamorato; e aveva in sua vece un cagnolino, e tenevalo con una cordella attaccato alla sua cintura — «Ma tu non m’abbandonerai Silvio,» gli disse — Guardai negli occhi di Maria, e m’avvidi che più che alla sua capretta e al suo innamorato, essa allora ripensava a suo padre; poichè proferendo quelle parole le lagrime le gocciavano giù per le guance.
M’assisi accanto a lei; e Maria mi lasciava che mentre le cadeano le lagrime io le asciugassi col mio fazzoletto — e lo bagnai delle mie — e nelle sue — poi nelle mie — e rasciugai poscia le sue — sentiva intanto io tali commozioni e sì inesprimibili ch’io sono certo che non potrebbero ascriversi mai a veruna combinazione di materia e di moto.
Sì; sono persuaso che ho un’anima: e tutti i libri di cui i materialisti appestano il mondo non sapranno convincermi mai.