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Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
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Perchè La Fleur fece meco tutto il viaggio di Francia e d’Italia, e verrà spesso in iscena, parmi di affezionargli alquanto meglio i lettori. Sappiate, ch’io non ebbi mai da pentirmi sì poco degli impulsi, che per lo più mi fanno risolvere, come con questa creatura — fedelissima, affettuosa, semplice creatura fra quante mai s’affannarono dietro le calcagna di un filosofo; e quantunque delle sue perizie di suonatore di tamburo, e di sarto di calzerotti, ottime in sè, non potessi veramente giovarmi, la sua giovialità m’era largo compenso — suppliva a tutti i difetti — i suoi sguardi m’erano fidato rifugio in tutti i disagi e pericoli — intendo solo de’ miei; perchè La Fleur era inviolabile: e se fame, o sete, o nudità, o veglia, o qualunque altra sferzata di mala ventura coglieva ne’ nostri pellegrinaggi La Fleur, tu non vedevi nè ombra nè indizio in quel volto — ed era eternamente tal quale: e però, s’io — e Satanasso a ogni poco mi tenta con quest’albagia — s’io pure mi sono un pezzo di filosofo, la mia boria è mortificata quando considero l’obbligazione ch’io ho alla complessionale filosofia di questo povero compagnone il quale a forza di farmi vergognare mi ridusse uomo di razza migliore. Nondimeno La Fleur mi sapeva alquanto di fatuo — ma pareva alla prima più fatuo di natura che d’arte; ne’ fui tre giorni fra i parigini — ch’ei non mi sembrò punto fatuo1.
- ↑ Chi più volesse intorno a La Fleur veda l’edizione inglese stereot. Didot 1800, pag. 169. — A me basti il dirvi, ch’egli viveva l’anno 1783 in Calais, e si professava testimonio della verità di molti fatti descritti in questa operetta.