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C A P I T O L O XIII.
Era già l’ora di Nona, e il caldo grande, quando Esopo verso casa seguiva il suo nuovo Padrone, a cui essendo venuto voglia di orinare, senza punto fermarsi caminando orinava. La quale cosa come Esopo ebbe veduto, approssimossi a Xanto, o presolo per la veste fecelo a se voltare dicendo: pregoti Padrone che si piaccia ben tosto rivendermi, altrimenti io me ne fuggirò. E perchè, disse Xanto; perciocchè, rispose egli, io non potrò servire ad un padrone qual tu sei; e la ragione è questa, che se tu, il quale sei libero, e signore senza tenere alcuno superiore, e nondimeno non ricrei agiaramente la natura ma orini andando, e impaziente di fermarti; a me poi, che converrà fare? Credo, che se tu per qualche tuo servigio mi mandassi, e per caso allora la natura richiedesse, ch’io il soverchio peso del ventre scaricassi, credo, dico, che volando mi converrebbe cacare. Rise di ciò Xanto; e disse: Sappi, che volendo io schifare tre incomodi, ora in questo modo orino. Desiderando Esopo di tale avvedimento la dichiarazione, seguì Xanto, il primo incomodo è, che se io facessi quì dimora; il Sole distemperarebbemi il cervello, e l’altro è, ch’il gran calore della terra m’abbruscierebbe i piedi, ed il terzo è, che il gran fetore dell’orina offenderebbemi l’odorato.