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VITE
di
ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI
Questo illustre antiquario e bibliofilo nacque in Bologna sul finire del 1685 da Antonio Argelati bolognese ed Angela Bonsignori di Firenze. Fece i suoi primi studi in patria sotto la disciplina di Bonaventura Rossi parroco di Sant’Agata; indi passò alle scuole de’ Gesuiti. Nel 1705, cioè appena ventenne, si trasferì a Firenze, dove contrasse amicizia col celebre Antonio Magliabechi, e con altri dei più dotti letterati, di cui andava famosa in quel tempo la capitale della Toscana. Quivi datosi ad uno studio indefesso, rovistò senza posa tutte le pubbliche e private biblioteche fiorentine, accumulando così sempre più di giorno in giorno nella sua mente un vasto tesoro di erudizione, che gli doveva fruttare mirabilmente dappoi. Dedicatosi di preferenza agli studi storici, fino d’allora ideò quell’esumazione di opere giacenti da anni manoscritte e dimenticate in quelle librerie, opere che resero celebre il suo nome e produssero lustro invidiato a tutta Italia. Per questo grande scopo visitò anche altre città della Toscana, e ritornato in patria si pose in relazione con Lodovico Muratori, salito già in altissima rinomanza, cui manifestò i suoi intendimenti. Il Muratori, che da tempo aveva concepito il medesimo pensiero, si mise facilmente d’accordo con lui. Da questo momento l’Argelati si diede tutto alla ricerca de’ materiali per la grande opera che doveva comprendere tutti gli Scrittori delle cose italiane. A questo effetto intraprese nel 1718 un viaggio per le città di Lombardia a fare incetta di manoscritti antichi, di cronache, di regesti, di pergamene e diplomi d’ogni genere, e ricco della preziosa suppellettile raccolta, si ridusse finalmente a Milano. Quivi fu accolto in casa del Conte Carlo Archinto, al quale comunicò il progetto di quell’opera colossale, invocando la di lui valida protezione. L’Archinto, uomo assai colto ed amantissimo della patria, aderì di buon grado, ed insieme coll’Argelati si fece promotore d’una società fra i più ricchi e colti personaggi del patriziato milanese, onde supplire alle ingenti spese per la grandiosa pubblicazione. Costituitasi la Società con a capo il Marchese Teodoro Alessandro Trivulzio, 15 dicembre 1721, ne fu eletto segretario
- ↑ Mazzucchelli. Gli scrittori d’Italia. Vol. I, pag. 1034.
Sassi. De studiis, pag. 3 e seg.
Fantuzzi Giovanni. Notizie degli Scrittori Bolognesi. Bologna, 1782, in-fol.
Cusani. Storia di Milano. Vol. IV.
Luigi Vischi. La Società Palatina (Archivio storico lombardo. Anno III).
Guida del Famedio nel cimitero monumentale di Milano. Milano, 1888, pag. 28.
l’Argelati1. Fin dal suo incominciamento la Società invocò ed ottenne il patrocinio dell’Imperatore Carlo VI, il quale ordinò che la tipografia per la stampa dell’opera venisse installata nel Regio Ducale Palazzo, onde la Società prese la denominazione di Palatina. Trascorse poco più d’un anno dalla costituzione definitiva della Società, quando apparve il primo volume de’ Rerum italicarum Scriptores, nel 1728, ex typographia Societatis Palatinæ colla dedica alla Maestà dell’Imperatore, che rimunerò l’Argelati con un’annua pensione. La stampa di quest’opera immensa durò più di un quarto di secolo, e per quasi tutto quel tempo il Muratori ebbe sempre a strenuo collaboratore l’Argelati. Lavoro così vasto non assorbì tuttavia intieramente l’attività del nostro autore, il quale trovò agio di attendere ad altre importanti pubblicazioni in Milano, ed in Bologna, di cui le principali furono le opere scientifiche di Ulisse Aldobrandi; le Effemeridi del celebre Eustachio Manfredi, che l’editore dedicò al Duca di Parma Francesco Farnese, 1725; le opere del Sigonio, 1738, che dedicò all’Imperatore Carlo VI; l’opera numismatica del conte Francesco Mezzabarba, ampliata ed arricchita colle medaglie dell’insigne Museo Farnese; le Lettere polemiche dell’ab. Bacchini, 1738; il Thesaurus novus veterum inscriptionum del Muratori, 1739; la Storia di Trino del can. Giov. Andrea Irico; il libro De antiquis Ecclesiæ ritibus del padre Martene; e parecchie altre di minore importanza. Nè quest’uomo infaticabile attese solo alla pubblicazione dell’opere altrui, ma ne scrisse anche di proprie e da pari suo. Fra queste va celebrata la sua Bibliotheca Scriptorum mediolanensium, della quale il primo volume dedicò alla Maestà dell’Imperatrice Maria Teresa, 1745. Ma fu quest’anno stesso che recò uno de’ più grandi dolori al suo cuore, la morte cioè della moglie Caterina Mocenni, 11 ottobre. Tra tutte le opere da lui pubblicate, la sola però che interessa specialmente i nostri studi fu l’ultima da lui edita in Milano coi tipi della Palatina, cioè le De monetis Italiæ variorum Virorum Dissertationes, di cui il primo volume dedicò alla Santità di papa Benedetto XIV, 1750. Quattro anni dopo, mentre stava per dare alle stampe il quinto volume, a questo grande erudito ed infaticabile illustratore de’ monumenti d’Italia, a questo degno emulo del Muratori, toccò un altro lutto, e il massimo de’ dolori, la perdita dell’unico figlio Francesco, che s’era già conquistato esso pure un bel nome tra i letterati e gli eruditi. Francesco morì in Bologna nel 1754, dopo aver dato prova con varie opere, come sarebbe riuscito degno continuatore dell’attività paterna. Affranto da questo dolore più che dalle fatiche, questo strenuo rivendicatore delle glorie letterarie d’Italia, moriva in Milano nel gennaio 1755. La sua salma fu deposta nella chiesa di San Lorenzo2. Dopo circa cento trent’anni dal suo decesso, Milano, cui l’Argelati per lunghissima dimora aveva fatta sua patria adottiva, grata all’illustre biografo de’ suoi scrittori cittadini, ne incise il nome nel suo famedio, alla pari de’ più benemeriti ed illustri suoi figli, come intitolò da lui una delle vie della città.
- ↑ Manca il documento autentico della costituzione della Società, per cui se ne ignora il numero preciso dei componenti, e c’è discrepanza sul nome loro. Solo si sa che que’ patrizii avevano dato il loro contributo alla grande impresa per puro patriottismo e non per vanità, e vollero quindi che fosse taciuto il loro nome. Tuttavia alcuni scrittori parlando di quella Società, accettando per vere alcune tradizioni, o raccogliendone qua e là i nomi dai carteggi del tempo mettono innanzi i seguenti nomi: Marchese Teodoro Alessandro Trivulzio, capo e presidente, Marchese Giuseppe d’Adda, Mons. Pier Antonio Crevenna arciprete della Scala; Conte Donato Silva, Conte Carlo Pertusati, Marchese Girolamo Pozzo-Bonello; D. Gaetano Caccia; Marchese Girolamo Erba; Cav. D. Giuseppe Croce; Antonio Reina e Filippo Argelati segretario. Altri a qualcheduno dei soci surriferiti sostituiscono od aggiungono i seguenti: il Conte Lambertengo; il Marchese Recalcati; il Marchese Trotti, Alberico Archinto, Porta ed Aliprandi. Vedasi in proposito la bella od erudita dissertazione citata del Ch. Luigi Vischi.
- ↑ Nei registri mortuari della parrocchia di San Lorenzo leggesi infatti testualmente:
«Adì 27 Gennajo (1755).
«Il Sig. D. Filippo De Argelati segretario di S. M. Cesarea in stato vedovile d’anni settantadue circa premunito de’ SS. Sacramenti di Penitenza Euch. ed Estrema onzione ed assoluzione papale, e raccomandazione d’anima, premessi anche gli atti di Fede, Speranza e Carità morì ed il di lui cadavere privatamente trasportato doppo solenne officio fu sepolto in questa chiesa di S. Lorenzo D.»
FILIPPO ARGELATI