Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Questa, che tra le man nuova mi suona Non è viltà ciò che dipinge in carte
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


X

PER EMMANUEL FILIBERTO

di savoja


Vinse i Francesi a S. Quintino, di che seguì la pace universale, ed egli conquistò il suo Stato perduto.


Viva perla de’ fiumi
     Dora, che righi umil la nobil Reggia,
     Ove eterna fiammeggia
     Bella virtù de’ più splendenti lumi;
     Ed ove a i cari suoi
     Addita il sol degl’immortali Eroi.
Come saetta al segno,
     Al dolce suon de’ tuoi cristalli io volo;
     Nè taciturno il volo
     Porto dentro i confin del tuo gran Regno;
     Ma scelsi aurea corona,
     Inimica di morte in Elicona
O chiara, o regal figlia
     De’ gioghi infra le nubi alti e canuti!
     Io meco ho strali acuti,
     Che sanno altrui ferir di meraviglia;
     Ma qual per lo sentiero
     Dell’aria pura farò gir primiero?
Vecchio suon di molti anni
     Fa tra gli umani cor fresca memoria,
     Che il bel fior della gloria
     Domatrice del tempo e degli affanni,
     Sfavilla in quelle cime,
     Ove poca orma piè mortale imprime.
Gloria, che a’ suoi fedeli
     Virtute vuol, ch’eternitate asperga,
     Schiva dal vulgo alberga
     Monte, che il colmo ha quasi uguale ai cieli;
     E d’ogni intorno il serra
     L’ondoso scotitor della gran terra:
Nè per Egeo sì grave
     Mosse ardito nocchier remi volanti,
     Che di mostri spumanti
     Non provasse furor l’altera trave:
     E intorno, e sulle porte
     Non sentisse gli eserciti di morte.
Ma pur viltà non prese
     Il Cavalier, che di Medea fu sposo;
     Ei di rapir bramoso
     Del sacro Frisso il peregrino arnese,
     Sparse le vele ardite
     Per gl’inospiti campi d’Anfitrite.
Ei fece eterno in Colco
     Il sonno entrar nell’incantata fera;
     Poi di messe guerriera,
     Per strano esempio diventò bifolco,
     E trasse a giogo audace
     Le corna d’alte fiamme ampia fornace.
Or su di Cielo è il detto:
     Virtù nell’opra e nel sudor s’affina;
     E quinci il Mondo inchina
     Chi volse a’ mostri avversi invitto il petto,
     Tra’ quali, o nobil Dora,
     Tu tanti hai posti, e lor n’aggiungi ognora.
Fama veloce e pronta,
     Che via più d’Argo a’ chiari fatti è desta,
     Con cotanti occhi in testa,
     Tue pacifiche olive indarno conta;
     E i verdi lauri alteri
     Cresciuti infra ’l sudor de’ gran guerrieri.
Ma voi, sacre Sirene,
     De’ gorghi di Castalia, e di Permesso,
     Altrui non gite presso,
     Pur numerando in riva al mar Parene;
     Date sol canti all’opra,
     Che all’opre di quaggiù posta è di sopra,
Quando infra mille e mille
     Schiere frementi, e Duci eccelsi e grandi,
     Sul Xanto de’ Normandi
     Folgoreggiò l’Italiano Achille;
     Allor sorse in que’ piani,
     Abila, e Calpe de’ trionfi umani.
Monti d’armi, e di membra
     Da’ fiumi accolse il gran Nereo nel seno;
     Pallida ancor vien meno
     Ogni Ninfa di Senna, ove il rimembra;
     Non già così sen duole
     Italia mia, ch’indi rivide il Sole.

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