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Questo testo fa parte della raccolta Rime scelte di poeti del secolo XIV/Franco Sacchetti


A GREGORIO XI

(1375)


     Gregorio primo se fu santo e degno,
Il libro de’ morali e gli altri scritti
Ne fanno prova e la sua santa vita:
E se ’l secondo poi seguì tal segno,
5Per lui fur li Franceschi a fede ritti,
Del suo distribuendo ogni partita:
Il terzo fece la resìa bandita:
D’Italia il quarto cacciò i Saracini:
Il quinto giusto fu ne’ suoi confini:
10Il sesto con ragion beato visse:
Il settimo soccorso da Guiscardo

Miracoli mostrò in santo stato:
L’ottavo in pace sempre ebbe riguardo:
Dal nono lo decreto si descrisse:
15Il decimo discreto umile e grato:
L’undecimo più mal che tutti bene
Fa or nel mondo, e di Limoggia vène.
     E qual Erode mai, qual Faraone,
Qual Dïonisio Dario o Mitridate,
20Quale Alessandro genito d’Ircano,
Qual Calicola mai o qual Nerone,
Qual Attila o qual iniquitate
Ch’usasse mai Azzolin di Romano,
Qual Saracino mai o qual Pagano
25Tre cose fece già tanto perverse,
Lasciando l’altre assai che son diverse?
La prima: per fare a’ Cristïan guerra,
Faenza, qual’hai fatta sì tapina,
A’ barbari impegnasti; et in quel prezzo
30S’inchiuson gli adultèri e la rapina.
E tu che se’ pel ciel vicario in terra,
Non pensi ched a lui ne vegna lezzo,
Che per lo tuo difetto sente e vede
Il popol suo cercar l’altrui merzede?
35     La seconda iniqua ingiusta e ria
Fu quando sanza amore o caritate
Le terre tue su quello di Piagenza
Vendesti a tirannesca signorìa;
Dando i viventi per maggior derrata,
40Che non fe Tito la giudea semenza.
È crudeltà dov’esser dee clemenza:
Chè, come Giuda trenta vendè Cristo,
Tu trenta desti per un danar tristo,
Per ingrassar gli porci di Bretagna.
45Dunque, se pena ti vedi incontrare.
Altro non è che giustizia suprema.
Non vedi tu la terra e ’l cielo e ’l mare
E sì la tua come l’altrui campagna
Et ogni cosa mortale et eterna
50Far di te segno et a chi me’ saetta,
Chè così vuol la divina vendetta?

     La terza micidial crudele e fera
Fu l’innocente sangue di Cesena
Sparto da’ lupi tuo’ con tanta rabbia;
55Gravide e vecchie morte in grande schera,
Tagliando membri e segando ogni vena;
Pulzelle prese, e dir chi l’ha se l’abbia;
Et altre rifuggite in nova gabbia;
Alcune co’ fanciulli per più scempi
60Seguite e morte su l’altar de’ tempi.
O terra, o lago rosso del tuo sangue!
O pontefice, o diavol che ciò mosse!
O cardinal maligno di Gineva!
In cui si fideran l’umane posse,
65Veggendo come questa terra langue?
Guai a chi t’è sotto e non si leva!
Perchè giusta cagion è liberarsi
Da chi del sangue uman vuol nutricarsi.
     Veder può dunque ognun che si tien forte
70Nella sua libertà con degna lega,
Che ’l tempo vai quand’è chi tosto il prenda.
Ma que’ che non conoscon vita o morte
E che posson fuggir dalla tua sega,
Avvolti stando nella pigra benda
75Aspettan dopo cena aver merenda
E giugner nelli lor mortali inciampi.
Però, dalle tue branche ognuno scampi,
Pascendo lor anzi ch’altri lor pasca!
O fè confusa! Che posson dir quelli
80Tartari Turchi e gli altri infedeli,
Veggendo i gran pastori a Dio rubelli
E che lor vita sì ne’ vizi casca;
Se non di venir dentro a nostri teli
A vincer tutto ed a farsi ubbidire?
85Quel che a loro dovresti far sentire.
     Canzon, a quell’adulterata seggia
Ne va’; e di’ a colui che l’aombra
Vitupera consuma affligge e guasta,
Ch’anzi che sua final giornata veggia
90Italia ponga in pace, et a chi ingombra
La Terra Santa pinga la sua asta.

Per altro modo già mai non si spasta
La grande infamia dove tanto corre.
Ancor è tempo a buon incendio porre.
95Se non che, come già fu spento e schiuso
Tra gli altri del catalogo Lïone,
Acciò che di sì pessimo non parli;
Così lui veggi in piggior condizione,
Il nome suo in terra esser deluso,
100Conquiso il corpo, et ogni ben mancarli,
E ’n fine nell’abisso gire al fondo,
Chiamato essendo Papa Guastamondo.


(Dalla Miscellanea, ecc., di F. Corazzini; che ricavò questa canzone dal cod. magliab. 852, pal. 4.)

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