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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
A NINA1
Tra ll’antre2 tu’3 cosette che un cristiano
Ce se4 farebbe scribba e ffariseo,
Tienghi,5 Nina, du’ bbocce e un culiseo,
Propio da guarnì er letto ar gran Zurtano.
A cchiappe e zzinne, manco in ner moseo6
Sc’è7 robba che tte po arrubbà la mano;8
Ché ttu, ssenz’agguantajje er palandrano,9
Sce fascevi appizzà10 Ggiuseppebbreo.
Io sce vorrebbe11 franca12 ’na scinquina13
Che nn’addrizzi ppiù ttu ccór fà l’occhietto,
Che ll’antre14 cór mostrà la passerina.
Lo so ppe’ mmé, cche ppe’ ttrovà l’uscello,
S’ho da pisscià, cciaccènno15 er moccoletto:
E lo vedessi mó,16 ppare un pistello!17
Fatto in Morrovalle, il 7 settembre 1831
- ↑ Caterina. Imitazione del sonetto milanese del Porta: «Sura Catterinin», etc.
- ↑ L’altre.
- ↑ Tue.
- ↑ Ci si.
- ↑ Tieni.
- ↑ Museo. [Ci annettono l'idea di Mosè!]
- ↑ C’è.
- ↑ Metafora presa dal maneggio de’ cavalli. Vale «vincere».
- ↑ Afferrargli il mantello.
- ↑ Appizzare, v. n.: «tener dietro, appetendo, ad una cosa.„
- ↑ Ci vorrei.
- ↑ Sicura.
- ↑ Una cinquina al giuoco del lotto.
- ↑ L’altre.
- ↑ Ci accendo.
- ↑ E se tu lo vedessi ora.
- ↑ Pestello.
Note
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