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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1838
A LA SOR'ORZOLA
Dico, perdonerà, ssor’Orzolina,
si ho vvorzuto arrocchià,1 ddico, un zonetto,
pe’ ddàllo a llei dimenic’a mmatina2
appena ssceggne ggiù, ddico, dar letto.
Lei, dico, ha un tocco de corata in petto,
che ssimmai quarche vverzo nun cammina
scuserà, ddico, un povero pivetto3
che ccòmpita pe’ ggrazzia4 la dottrina.
Io nun zò, ddico, un conte o un cardinale
o cquarc’antra perzona de talento:
la mi’ testa è una testa duzzinale.
Si5 er mi’ sonetto da un bajocco er cento
zoppica e nun è rrobba pe’ la quale,6
bbasta che llei gradischi er comprimento.
18 ottobre 1838
- ↑ Se ho voluto gettar giù, raccapezzare così in grosso.
- ↑ Domenica 21 ottobre 1838, giorno di Sant’Orsola.
- ↑ Ragazzo.
- ↑ Che ha a caro e grazia di compitare, ecc.
- ↑ Se.
- ↑ Non è roba conveniente.
Note
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