Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Questo ggià lo sapémio dar decane Ahà, rriecco l'acqua! E 'ggni tantino
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1839-1942

A MI' CUGGINA ORZOLA1
PE' LA SANTA BEFANA DER 1841.

     Sora racchietta2 mia, propio quest’anno
Che mm’annate più a ssangue e ppiù a ffasciolo,3
Nun ho possuto avé mmanco un piggnolo
Né un ossetto de morto4 ar mi’ commanno.

     Dall’antra parte io povero fijjolo,
Che mm’arranchello56 e ccampo anno-penanno,
Che ccosa v’ho da dà, ssi nun me scanno?
Scopo casa7 e vv’appoggio8 un mostacciolo.

     E ssimmài vostra madre, in faccia a mmé,
Dirà cch’ar zummum pò ccostà un quadrino9
E nnun è robba da par vostra o cche,10

     Io j’ arisponnerò: “Llei vadi a spasso,
E penzi ch’io nun tièngo er butteghino11
Pe’ nnotà ccom’e llei ner brodo grasso.„12

  1. [Orsola Mazio-Balestra. V. il sonetto: A la sor Orzola, 19 ott. 38.]
  2. [Il Belli dice altrove che racchia significa: “giovanetta leggiadra, e per lo più polputella.„]
  3. [Andare a fagiolo vale anche in Toscana: “andare a genio, piacere.„]
  4. [Piggnòlo: pinòlo, pinocchio. Anche da uno scherzo italiano del Belli rilevo che, per la befana, egli usava regalare a questa sua cugina pinocchiate e ossi di morto, specialità, soprattutto i secondi, delle pasticcerie di Perugia.]
  5. [M'arrampico, mi sforzo, m'ingegno.]
  6. [Anno-penando. Locuzione scherzosa, d'uso comune e nata dalla somiglianza di suono con anno pe' anno.]
  7. [Di gente molto ricca si suol dire che, a un bisogno, se scopano casa, o se danno un calcio a un mattone, trovano quel che vogliono, son signori come prima. Qui dunque la frase è usata ironicamente.]
  8. [E vi do, vi affibbio.]
  9. [Il centesimo del papetto o lira romana.]
  10. [O che so io.]
  11. [Chi ha conosciuto la Mazio, mi dice che essa non teneva nessun botteghino del lotto, ma che poteva averlo avuto dal Governo, e poi subaffittato.]

Note

    Annotazione al verso 14[modifica]

    Nell’abbondanza. — L’anno innanzi, il Belli aveva scritto un altro sonetto per questa sua cugina; ma si vede che non l’aveva destinato a far parte della raccolta. E perciò io lo metto qui in nota, insieme coi due in italiano da cui è preceduto, e il secondo de’ quali mi pare veramente un’ingegnosa trovata.

    ALLA SIGNORA ORSOLA MAZIO BALESTRA,
    nel suo giorno onomastico 21 ott. 1840Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte.

    1. — Dedicatoria.

    Potete bene immaginar se al caso
    Di farvi un sonettin, bella cugina,
    Io non sia corso a bere alla piscina
    Dove i poeti vanno a empirsi il vaso.

    Ma per molto anfanar sovra il Parnaso
    Fra que’ numi in ciabatte e in polacchina,
    Sin dall’alba di ieri a stamattina
    Non ho saputo dove darmi il naso.

    In questa circostanza dolorosa,
    Ho ricorso in Arcadia a un bifolchetto,
    Che mi prestasse qualche verso in prosa.

    Ed egli m’ha affittato un bel sonetto,
    Ch’io vi presenterò come una cosa
    Da consolarvi il cuore e 1* intelletto.


    2. — Sonetto pasdorale.1

    Cindo di raggi e senza nubbi il sole
    Oggi risblente in giel più dell’usato,
    E l’ore indomo al suo bel gocchio aurato
    Indrecciano fra lor liete garole.

    La selva, il ruscelletto, il golle, il brato
    S’ammandano di gijji e di viole,
    E de.ìji auggei l’alate famijjole
    Saludan questo giorno avve’ndurato.

    Ve’, mendre Febbo abbar dall’orizzonde,
    • Le ninfe inchirlantate e seni e ghiome
    Lasciar l’andrò nadio^ la pianda e il fonde.

    Salve cend’anni e cendo; e vinde e domo
    L’invite Parghe e il tisuman Garonde,
    Imbarino a onorar d’Orzola il nome.

    Dal Bosco Parrasio,
    Zampino Cefalonico.
    uno de"pastorelli d'Arcadia.


    3. — Comprimento.

         Io fa vverzi pe’ vvoi?! de carta!2 aspetta!
    Io nun m’impiccio co’ ccompassi e squadre.3
    Io nun zo ffà cche ccanzonacce ladre,
    Tajjate ggiù ccoll’asscia e cco’ l’accetta.

         Si sse trattassi ar più de vostra madre,
    Ce poteria scappà cquarche ssaetta;
    Ma vvoi séte un bruggnòlo4 de donnetta.
    Da fa ggirà er boccino5 ar Zanto Padre.

         Voi?! co’ cquer muso lli?! ddimme cojjone!
    . Più ppresto voria védeme st’antr’anno
    A Ssan Bartolomeo sur cartellone.6

         Eppoi nun fo ccome scertuni fanno,
    Che ttutt’er giorno pissceno canzone,
    Manco avéssino Appollo ar zu’ commanno.

    1. Fu un mio scherzo, per mettero in beffe la poesia pastorellesca, non che la pronunzia marchigiana.
    2. [Esclamazione negativa, in cui la parola carta sta invece di
      un'altra, che è meglio non dire, e con la quale ha comuni le prime
      duo lettere.]
    3. [Perchè il marito di lei era un abile disegnatore.]
    4. [Un bocconcino. Da prugno o brugna, prugna. E a una
      bolla donnina si dice anche brugnoletta.]
    5. [Da far girar la testa.]
    6. [Cioè, nella lista degli scomunicati per non aver preso
      pasqua, che si affiggeva il 25 agosto sulla porta maggiore di San
      Bartolommeo all’Isola Tiberina.]

    Note

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