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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1839-1942
QUESTO GGIÀ LO SAPÉMIO DAR DECANE
Questo ggià lo sapémio dar decane
Che jjeri sposò er prencipe Turloni,
Quer prencipe che spenne li mijjoni
Pe’ assiste er poverello e ddàjje pane.
Sippoi stanotte, pe’ ddiesciora sane,
Senza la vesta e ssenza li carzoni,
Li du’ sposetti siino stati bboni
Lo sa Iddio bbenedetto e le zampane.
La cosa nun è llisscia: io pe’ mmé ttremo
Che cquarche gguaio ce dev’èsse nato,
E che ppresto diranno: “In quanti semo?.„
Ar bervedé cc’è ppoco, sor curato.
In cap’a nnove mesi lo vedemo.
Dar brodo se conossce lo stufato.
17 luglio 1840
Note
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