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Amor, poi che del mio mal non vi dòle Unqua per pene, ch'io patisca amando
Questo testo fa parte della raccolta I. Rustico Filippi

XLIV

Ricorda alla donna come sia dovere di buon signore impedire che il servo muoia.

A nessun omo addivenne giá mai
ch’Amor prendesse altrui sanza veduta;
a meve è addivenuto: non pensai
4ca si forte pungesse sua feruta.
Ciré’ mi tormenta e dona pena assai,
se madonna amorosa non m’aiuta,
che m’ha in balia: ed io medesmo il sili,
8ché l’ho donato il cor sanza partuta.
Dunque mi dé’campare, ed a rasgione:
qualunque buon segnore a suo servente,
11che ’n lui ha messa tutta sua intenzone,
non dé’ soffrir che moia di neiente,
ché li sarebbe grande riprensione:
14questo fedel son io, donna valente.

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