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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
ABBADA A CCHI PPIJJI!
Santi1 che va a strillà cco la cariola2
Nocchie rusicarelle3 e bbruscoletti,4
Che jer l’antro sce diede li confetti
Pe’ avé ppresa la fijja de Sciriola;
Dio s’allarga,5 peddio, la fischiarola!,6
Come vorze7 infroscià8 li vicoletti,
S’impiastrò immezzo a un lago de bbrodetti,
De cuelli che cce vô lla bbavarola.
Ecco cuer che succede a ttanti ggnocchi
Che nun zanno addistingue in ne l’erbajja
Le puntarelle9 mai da li mazzocchi.
Donna che smena10 er cul com’una cuajja,11
Se12 mozzica13 li labbri, e svorta14 l’occhi,
Si15 pputtana nun è, ppoco la sbajja.
Terni, 1 ottobre 1831
- ↑ Nome d’uomo.
- ↑ Carriuola.
- ↑ Nocchie infornate.
- ↑ Semi di zucca salati e poi abbrustoliti.
- ↑ Espressione imitativa di «Dio sagrato».
- ↑ Tutto questo verso è una comune esclamazione romanesca.
- ↑ Volle.
- ↑ Penetrare.
- ↑ Insalata fatta dal tallo di cicoria presso all’insemenzire.
- ↑ Dimena.
- ↑ Quaglia.
- ↑ Si.
- ↑ Morde.
- ↑ Volge.
- ↑ Se.
Note
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