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CAPITOLO I.
Cinque anni dopo.
La notte del quattro settembre 1982, da un magnifico palazzo posto nelle vicinanze dell’Antico giardino uscivano tre giovani donne — Luce, Viola e Fidelia — tre tipi di quell’angelica bellezza, che l’amore cosmopolita aveva creato da pochi anni rigenerando la specie umana.
— Oh! finalmente si respira! — esclamò Fidelia, la più giovane delle tre. — Se l’ora non fosse tanto avanzata, io proporrei di fare una gita fino al Larietto per vedere gli apparecchi della gran macchina.
— Non sono che dieci ore e mezzo — disse la Viola. — Affrettiamo il passo.
— Oh sì! andiamo! — soggiunse Luce. — Ho proprio bisogno di correre un poco su questi tappeti d’erba. La seduta di questa sera fu lunga fino alla noia... Figuratevi ch’io sono entrata al Circolo delle sorelle prima delle quattro! In verità, io non credeva di aver tanto coraggio civile da reggere ad una discussione di sei ore e mezzo.
— Dunque?
— Dunque! spieghiamo le ali... e via! Hai tu uno zigaretto, mia buona Fidelia?
— Io ne tengo dei famosi, a me regalati da Speranza, mia sorella d’amore.
— Zigari alla Rosa?
— Meglio!
— Alla vaniglia!
— Meglio ancora!
— Al gelsomino?
— Fatene la prova, e giudicate.
E Fidelia si levò dalla tasca un astuccio elegante, dal quale estrasse alcuni zigari bianchi come avorio, che distribuì alle compagne.
Non appena le donne ebbero appressata alle labbra la foglia profumata e sciolto con legger tocco dell’ugna il nodo fiammifero, proruppero in una specie di ovazione.
— Delizioso!
— Inebbriante!
— Tutti i sapori dell’ananasso!
— Tutti gli aromi della terra benedetta!
— Questi zigari — disse Fidelia — si fabbricano alle Canarie colla foglia della Fragola vergine, detta arbusto del paradiso. Il Parlamento della Confederazione ha deciso che in tutti i dipartimenti di Europa venga piantato quell’arbusto, ed ha votato una somma ragguardevole per incoraggiare i coltivatori, accordando la privativa di smerciare i nuovi zigari a duemila società anonime. Lo zigaro della fragola vergine è dotato di speciali prerogative, ed esercita un’azione benefica sul cuore, moderandone i trasporti. A quanto pare, esso verrà adottato negli stabilimenti di educazione femminile, a preferenza della rosa e della vaniglia, che pure hanno tanto giovato a raddolcire gli istinti.
— E chi è l’inventore?
— Franco Dolosias, un giovane di circa ventisette anni, del Dipartimento di Portogallo.
Luce cavò di tasca un portafogli, e soffermandosi al piede di una stella elettrica, scrisse il nome del giovane, dicendo alle compagne:
— L’inventore di questo zigaro deve avere un’anima gentile. — Nelle antiche poesie di Prati Secondo ho letto che la donna allora soltanto potrà dirsi rigenerata, quand’ella avrà succhiato tutti i profumi dei fiori.
— Il Prati ha dimenticato di qualificare i suoi fiori. Pur troppo ve n’hanno di velenosi che rappresentano la essenza del male.
— Hai ragione, Viola; ma il poeta ha forse omessa la distinzione per necessità del verso e della rima. Prati Secondo ha vissuto in un’epoca, che avea ridotta la poesia ad un frivolo giuoco di accenti e di echi. Pure il suo concetto è abbastanza trasparente. Iddio ha posto nel mondo animato gli elementi del male e del bene, spargendoli in tutti gli oggetti visibili ed invisibili, nell’aria, nelle piante, in seno alle onde, perfino nelle intime viscere della terra. Che ha fatto la creatura ragionevole, in luogo di seguire gli istinti che la conducono verso l’utile e il buono? Passando da errore in errore, da abisso in abisso, ella si ridusse al punto da imprecare al Creatore, e da affrettare co’ suoi voti il cataclisma. Un branco di scellerati divenne padrone dell’umanità imbecillita, e per dominarla eternamente, la governò colla legge del male fabbricando su quella il despotismo, che durò molti secoli. Quando io penso che il despotismo ha inventato la galera e la forca prima di stabilire il Diritto all’esistenza, debbo credere che le generazioni precedenti alla nostra non fossero al mondo che per espiare un delitto. Possiamo noi leggere le storie del passato, senza provare una specie di ribrezzo per coloro che ci hanno preceduti? Eppure noi vediamo che i pochi fautori dell’era antica, coloro che in giovane età succhiarono la corruzione, oggi non sono in grado di comprendere il bene. Essi hanno nel sangue il veleno, ereditato dai loro antenati. La loro essenza non è la nostra — e il Codice di redenzione fu ispirato da somma giustizia quando stabilì maggior mitezza di pena pei delinquenti nati prima del 1925.
— Vero! vero purtroppo! — esclamò Fidelia con voce commossa, — I nostri padri sono molto diversi di noi! Bisogna compatirli e rispettarli nei loro pregiudizi, pensando che essi ci hanno preceduti sul cammino della libertà, ch’essi hanno fatto sforzi da giganti per rimuovere quella diga secolare che stava fra le due grandi epoche dell’umanità.
— Ciò che io trovo inconcepibile — proseguì Luce è che molti dell’Era vecchia, mentre riconoscono i grandi progressi di questi ultimi tempi, la saggezza delle nuove istituzioni, la squisitezza dei nuovi trovati, non solo rimpiangono sovente il passato, ma non possono interamente rinunziare alle orribili abitudini contratte nella loro gioventù. Mio nonno, cui sono riuscita colle dolci violenze della persuasione e dell’amore a rendere graditi gli zigari alla rosa, che egli per molti anni trovò detestabili, ogni mese riceve dalle Antille una cassetta di zigari alla foglia di tabacco fabbricati da una società anonima di Ottentotti. Dippiù egli ha pagato dodicimila lussi per avere mille pacchi di certi fuscellini neri e puzzolenti, di cui si trovarono alcune casse negli scavi dell’antico Foro Bonaparte. — Mio nonno si fuma ogni giorno uno di quegli orribili fuscellini, e li trova deliziosi, e dice che noi abbiamo torto di fuggire di casa quando egli ci ammorba di quella puzza insopportabile.
— Oh! pur troppo li ho conosciuti anch’io i fuscellini di tuo nonno! Fortunatamente mio padre ha esaurito la sua provvista, e n’è disperato. — Ogni qualvolta io sento dire che in città vien proposta la demolizione di qualche antico monumento, pensando al pericolo di vederne uscire quella peste, mi viene la pelle d’oca!
— Eppure quelli erano i famosi zigari Virginia, croce e delizia del secolo passato!
— Ora giudicate se la natura umana doveva essere viziata a quei tempi! — L’altra sera, conversando con maestro Umbold quarto, io gli ho proposto la questione se sia presumibile che nel secolo passato i fiori avessero colori, fragranza od altra proprietà che in oggi non hanno; non potendo io concepire come i nostri avi abbiano potuto deliziarsi nel fetore dei loro tabacchi! — Le leggi di natura sono immutabili — mi rispose il maestro — perché sono perfette. Ai nostri padri come a noi la primavera offeriva ogni anno le sue rose olezzanti, i ligustri, le viole, i gelsomini... Il profumo del bene esalava dai campi, si spandeva nell’aria e penetrava nelle cose dell’uomo, per adescarlo a seguire il buon cammino — e l’uomo aspirava l’infezione del tabacco, e si avvelenava il sangue e l’intelletto coll’absinzio e coll’acquavite.
— E credi tu, Viola, che a quei tempi esistesse la santa virtù che si chiama l’amore?
— Io credo che l’amore abbia sempre esistito nel mondo — e che a lui si debba ogni sviluppo delle umane perfezioni. Io mi sento orgogliosa di essere donna — perché ritengo che, nei barbari tempi dell’abbrutimento universale, la donna abbia sempre conservata e alimentata la favilla della carità. Quando tutte le case erano ammorbate di tabacco, e tutti gli uomini imbestialiti nella crapula, o peggio ancora, mummificati dall’egoismo, o fatti macchina dalla cupidigia dell’oro — tutta la poesia del creato si rifugiava nel cuore di poche donne, angioli predestinati al martirio, che viveano per amare e morivano per aver troppo amato.
— Oh! io non avrei potuto amare quei rozzi e balordi animali d’allora — disse Fidelia ridendo. — Ti giuro, o sorella, che se io fossi vissuta nel secolo scorso, piuttosto che lasciarmi baciare da un uomo... Che orrore! Uomini che all’età di trent’anni non avevano più denti in bocca, né capelli sulla nuca!
Questa ingenua sortita di Fidelia portava la conversazione sopra un tema favorito. Ragionando di quella misteriosa e gentile aspirazione dei giovani cuori, di quel bisogno imperioso dei sensi che è l’amore, le tre donne divennero eloquenti.