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SCENA II.
Notte. Interno d’un battifredo sulle mura di Pavia.
Un’armatura nel mezzo.
GUNTIGI, AMRI.
guntigi.
Amri, sovvienti di Spoleti?
amri.
E posso
Obbliarlo, signor?
guntigi.
D’allor che, morto
Il tuo signor, solo, dai nostri cinto,
Senza difesa rimanesti? Alzata
Sul tuo capo la scure, un furibondo
Già la calava; io lo ritenni: ai piedi
Tu mi cadesti, e ti gridasti mio.
Che mi giuravi?
amri.
Ubbidienza e fede
Fino alla morte. - O mio signor, falsato
Ho il giuro mai?
guntigi.
No; ma l’istante è giunto
Che tu lo illustri con la prova.
amri.
Imponi.
guntigi.
Tocca quest’armi consacrate, e giura
Che il mio comando eseguirai; che mai,
Nè per timor nè per lusinghe, fia,
Mai, dal tuo labbro rivelato.
amri.
(ponendo le mani sull’armi)
Il giuro:
E se quandunque mentirò, mendico
Andarne io possa, non portar più scudo,
Divenir servo d’un Romano.
guntigi.
Ascolta.
A me commessa delle mura, il sai,
È la custodia; io qui comando, e a nullo
Ubbidisco che al re. Su questo spalto
Io ti pongo a vedetta, e quindi ogn’altro
Guerriero allontanai. Tendi l’orecchio,
E osserva al lume della luna; al mezzo
Quando la notte fia, cheto vedrai
Alle mura un armato avvicinarsi:
Svarto ei sarà.... Perchè così mi guardi
Attonito? egli è Svarto, un che tra noi
Era da men di te; che ora tra i Franchi
In alto sta, sol perchè seppe accorto
E segreto servir. Ti basti intanto,
Che amico viene al tuo signor costui.
Col pomo della spada in sullo scudo
Sommessamente ei picchierà: tre volte
Gli renderai lo stesso segno. Al muro
Una scala ei porrà: quando fia posta,
Ripeti il segno; ei saliravvi: a questo
Battifredo lo scorgi, e a guardia ponti
Qui fuor: se un passo, se un respiro ascolti,
Entra ed avvisa.
amri.
Come imponi, io tutto
Farò.
guntigi.
Tu servi a gran disegno, e grande
Fia il premio.
(AMRI parte)