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Atto terzo - Scena III Atto terzo - Scena V


SCENA QUARTA.

Clitennestra, Agaménnone, Elettra.


Clitennestra.

255SIgnor, perchè del Popol tuo la speme
Protrar con nuovo indugio? I sacri altari
Fuman d’incenso già: di fior cosperse
Le vie, che al Tempio vanno, ondeggian folte
Di gente innumerabile, che il nome
260D’Agamennòn fa risonare al Cielo.


Agaménnone.

Non men che a me, già soddisfatto al mio

Popolo avrei, se quì finor più a lungo
Ch’io nol voleva forse, rattenuto
Me non avesse Egisto.

Clitennestra.

Egisto?...

Agaménnone.

Egisto.
Ch’egli era in Argo, dì, perchè nol seppi
Da te?

Clitennestra.

Signor,... infra tante altre cure...
Io non credea,... ch’ei loco...

Agaménnone.

Egisto nulla
É per se stesso, è ver; ma nasce, il sai,
Di sangue al mio fatal. Che a nuocer venga,
270(E il potrebb’egli?) nol cred’io: ma pure
A festeggiare il mio ritorno in Argo
Non grato parmi ci testimon: già imposto
Gli ho di partirsi al dì novello. Intanto
Pura gioja quì regni. O Sposa, a farmi

275Ognor più fausti i Numi, al Tempio vado.
Deh! fa, che rieda quell’amabil riso
A lampeggiarti in volto. Erami pegno
Quel riso un giorno di beata pace;
Finch’el non torna, io mai non son felice.


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