< Alcyone
Questo testo è stato riletto e controllato.
Ditirambo III
Stabat nuda aestas Versilia



DITIRAMBO III.

O
GRANDE Estate, delizia grande tra l’alpe e il mare,

tra così candidi marmi ed acque così soavi
nuda le aeree membra che riga il tuo sangue d’oro
odorate di aliga di rèsina e di alloro,
5laudata sii,
o voluttà grande nel cielo nella terra e nel mare
e nei fianchi del fauno, o Estate, e nel mio cantare,
laudata sii
tu che colmasti dè tuoi più ricchi doni il nostro giorno
10e prolunghi su gli oleandri la luce del tramonto
a miracol mostrare!

Ardevi col tuo piede le silenti erbe marine,
struggevi col tuo respiro le piogge pellegrine,
tra così candidi marmi ed acque così soavi
15alzata; e grande eri, e pur delle più tenui vite
gioiva la tua gioia, e tutto vedeva la tua pupilla
grande: le frondi delle selve e i fusti delle navi,
e la ragia colare, maturarsi nelle pine
le chiuse mandorlette e la scaglia che le sigilla
20pender nel fulvo, e l’orme degli uccelli nell’argilla

dei fiumi, l’ombre dei voli su le sabbie saline
vedea, le sabbie rigarsi come i palati cavi,
al vento e all’onda farsi dolci come l’inguine e il pube
amorosamente,
25imitar l’opre dell’api,
disporsi a mo' dei favi
in alveoli senza miele,
e l’osso della seppia tra le brune carrube
biancheggiar sul lido, tra le meduse morte
30brillar la lisca nitida, la valva
tra il sughero ed il vimine variar la sua iri,
pallida di desiri la nube
languir di rupe in rupe
lungh’essi gli aspri capi
35qual molle donna che si giaccia co' suoi schiavi,
scorrere la gòmena nella rossa
cùbia, sorgere la negossa
viva di palpitanti pinne, curvarsi al peso vivo
la pertica, la possa
40dei muscoli gonfiarsi nelle braccia vellute,
una man rude
tendere la scotta,
al garrir della vela forte
piegarsi il bordo come la gota del nuotatore,
45la scìa mutar colore,

tutto il Tirreno in fiore
tremolar come alti paschi al fiato di ponente.

O Estate, Estate ardente,
quanto t’amammo noi per t’assomigliare,
50per gioir teco nel cielo nella terra e nel mare,
per teco ardere di gioia su la faccia del mondo,
selvaggia Estate
dal respiro profondo,
figlia di Pan diletta, amor del titan Sole,
55armoniosa,
melodiosa,
che accordi il curvo golfo sonoro
come la citareda
accorda la sua cetra,
60dolore di Demetra
che di te si duole
nè solstizii sereni
per Proserpina sua perduta primavera!
O fulva fiera,
65o infiammata leonessa dell’Etra,
grande Estate selvaggia,
libidinosa,
vertiginosa,
tu che affochi le reni,
70che incrudisci la sete,

che infurii gli estri,
Musa, Gorgóne,
tu che sciogli le zone,
che succingi le vesti,
75che sfreni le danze,
Grazia, Baccante,
tu ch’esprimi gli aromi,
tu che afforzi i veleni,
tu che aguzzi le spine,
80Esperide, Erine,
deità diversa,
innumerevole gioco dei vènti
dei flutti e delle sabbie,
bella nelle tue rabbie
85silenziose, acre ne’ tuoi torpori,
o tutta bella ed acre in mille nomi,
fatta per me dei sogni che dalla febbre del mondo
trae Pan quando su le canne sacre
delira (delira il sogno umano),
90divina nella schiuma del mare e dei cavalli,
nel sudor dei piaceri,
nel pianto aulente delle selve assetate,
o Estate, Estate,
io ti dirò divina in mille nomi,
95in mille laudi
ti loderò se m’esaudi,

se soffri che un mortal ti domi,
che in carne io ti veda,
ch’io mortal ti goda sul letto dell’immensa piaggia
100tra l’alpe e il mare,
nuda le fervide membra che riga il tuo sangue d’oro
odorate di aliga di rèsina e di alloro!

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.