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Versilia
Ditirambo III La morte del cervo



VERSILIA.

N
ON temere, o uomo dagli occhi

glauchi! Erompo dalla corteccia
fragile io ninfa boschereccia
Versilia, perché tu mi tocchi.

5Tu mondi la persica dolce
e della sua polpa ti godi.
Passò per le scaglie e pe’ nodi
l’odore che il cuore ti molce.

Mi giunse alle nari; e la mia
10lingua come tenera foglia,
bagnata di sùbita voglia,
contra i denti forti languìa.

Sapevi tu tanto sagaci
nari, o uomo, in legno sì grezzo?
15Inconsapevole eri, e del rezzo
gioivi e de’ frutti spiccaci


e dell’ombre cui fànnoti gli aghi
del pino, seguendo il piacere
de’ venti, su gli occhi leggiere
20come ombre di voli su laghi.

Io ti spiava dal mio fusto
scaglioso; ma tu non sentivi,
o uomo, battere i miei vivi
cigli presso il tuo collo adusto.

25Talora la scaglia del pino
è come una palpebra rude
che subitamente si schiude,
nell’ombra, a uno sguardo divino.

Io sono divina; e tu forse
30mi piaci. Non piacquemi l’irto
Satiro su'l letto di mirto,
e il panisco in van mi rincorse.

Ma tu forse mi piaci. Aulisce
d’acqua marina la tua pelle
35che il Sol feceti fosca. Snelle
hai gambe come bronzo lisce.


Offrimi il canestro di giunco
ricolmo di persiche bionde!
Poiché non mi giovano monde,
40riponi il tuo coltello adunco.

Io so come si morda il pomo
senza perdere stilla di suco.
Poi co’ miei labbri umidi induco
il miele nel cuore dell’uomo.

45Riponi il ferro acre che attosca
ogni sapore. Tu non pregi
i tuoi frutti. I peschi, i ciriegi,
i peri, i fichi in terra tosca

son di dolcezza carchi, e i meli,
50gli albricocchi, i nespoli ancora!
E tu li spogli in su l’aurora
velati dei notturni geli.

Da tempo in cuor mio non è gaudio
di tal copia. Ahimè, sono scarsi
55i doni. E tu vedi curvarsi
i rami del susino claudio!


Ma io non ho se non la tetra
pigna dal suggellato seme.
E a romper la scaglia che il preme
60non giovami pur una pietra.

O uomo occhicèrulo, m’odi!
Lascia che alfine io mi satolli
di queste tue persiche molli
che hai nel cesto intesto di biodi.

65Ti priego! La pigna malvagia
mi vale sol per iscagliarla
contro la ghiandaia che ciarla
rauca. Non s’inghiotte la ragia.

Ma se la mastichi negli ozii,
70quantunque ha sapore amarogno,
allor che il tuo cuore nel sogno
si bea lungi ai vili negozii,

certo ti piace, o uomo; ed io
te ne darò della più ricca.
75Tu la persica che si spicca,
e ne cola il succo giulìo,


dammi, ch’io mi muoio di voglia
e da tempo non ebbi a provarne.
Non temere! Io sono di carne,
80se ben fresca come una foglia.

Toccami. Non vello, non ugne
ricurve han le tue mani come
quelle ch’io so. Guarda: ho le chiome
violette come le prugne.

85Guarda: ho i denti eguali, più bianchi
che appena sbucciati pinocchi.
Non temere, o uomo dagli occhi
glauchi! Rido, se tu m’abbranchi.

Abbracciami come il bicorne
90villoso. La frasca ci copra,
i mirti sien letto, di sopra
ci pendano l’albe viorne.

Ma come, Occhiazzurro, sei cauto!
Forse amico sei di Diana?
95Ora scende da Pietrapana
il lesto Settembre co'l flauto,


se cruenta nel corniolo
rosseggi la cornia afra e lazza.
Odo tra il gridìo della gazza
100il richiamo del cavriuolo.

Sei tu cacciatore? Sei destro
ad arco, esperto a cerbottana?
Ora scende da Pietrapana
Settembre. Tu dammi il canestro.

105Eh, veduto n’ho del pel baio
verso il Serchio correre il bosco!
Tu dammi il canestro. Conosco
la pesta se ben non abbaio.

Accomanda il nervo alla cocca.
110Ne avrai della preda, s’io t’amo!
Imito qualunque richiamo
con un filo d’erba alla bocca.

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