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Questo testo fa parte della raccolta Poesie (Berchet)


ALLA MEMORIA

DI




IL GONDOLIERE


nel dì dei Morti 1857.


Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

Se la gondola mia fosse un vascello,
Andar me ne vorrei sino a Marsiglia;
5Là troverei la sposa di Daniello,
Che dicon che rivuol la sua famiglia;
Ed io vorrei volar come un uccello
Per riportarle il marito e la figlia:
Poi, messo in su la poppa il dolce carco,
10Vorrei tornar la sera al mio San Marco.

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

Povera Emilia, che voleva sì bene
A questo suo bel mar dov’era nata:
15M’han detto che al finir delle sue pene
Ha chiamato Venezia ed è spirata:
S’ella anche morta al suo bel mar riviene,
Io certo la vedria risuscitata,
E certo che gridar la sentiria:
20— Io ti riveggo ancor, Venezia mia. —

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!


Ma tu un vascel, mia gondola, non sei,
E non ha che il suo remo il gondoliero:
25Par di menarti in Francia il core avrei,
Ma è sempre su Venezia il giallo e il nero;
E fin che il giallo e il nero è sopra lei,
Non vengono i tre morti al cimitero;
Quando i tre morti là ne andremo a porre,
30Verranno i tre colori in sulla torre.

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

Ecco la scala ed ecco il campo santo;
Aspettami ch’io torno, o mia barchetta:
35Un requie eterna a dir me ne vo intanto
Sull’ossa di mia madre poveretta;
Quando per essa avrò pregato e pianto,
Ricorderò ogni altr’anima diletta:
Ma avrò di nuovo il pianto in su la guancia
40Per quelli tre che son sepolti in Francia.

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

O gente di Venezia, che pregate
Per loro che con voi più non avete,
45Io chiedo a tutti quanti che veniate
Qui dove inginocchiato mi vedete:
L’ossa dei nostri qui fûr sotterrate
Che moriron nel tempo che sapete:
Di ferro e morbo moriron da forti!
50Deh! venite a pregar per questi morti.

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

Vedete là quel fiore di viola?
Là sotto è seppellita una donzella:
55Un giorno entrava in chiesa tutta sola
A pregar per la sua Venezia bella:

Nè detto avea: — Signore, ci consola, —
Che un piombo le ruotò su le cervella!
Alzò la poveretta al ciel le braccia,
Poi cadde giù tra ’l sangue con la faccia.

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

Oh Dio! che mi si turba la memoria,
E non posso più dir quel ch’ho nel core:
È qui ogni croce una pietosa istoria,
L’istoria del martirio e dell’amore:
Di Mestre, e di Marghera è qui la gloria,
Del Ponte alla Laguna è qui ’l valore:
Questo è il luogo più bel del cimiterio,
Qua Rosaroll sta scritto, e là Poerio.

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

Ma intanto giace fuor del suo bel nido
Chi a morir qui con tutti era disposto:
Io ’l veggo ancor da Canareggio al Lido,
Per tutto il veggo e gli siam tutti accosto:
Sento ancora nell’anima il suo grido:
— Resisterà Venezia ad ogni costo; —
Venezia rispondea tutta risorta:
Ogni viltà convien che qui sia morta. —

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

Se non si può la fossa, almen la croce:
Vi porremo i tre nomi uniti insieme!
Chi fu il primo ad alzar per noi la voce
Non potè dirci le parole estreme:
Chi ci volea salvar dall’ugna atroce
Andò altrove a spirar l’ore supreme:
Ma questa è crudeltà troppa crudele...,
Manin non ha sua croce in San Michele.


Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

Perchè un vascel, mia gondola, non sei?
Perchè ha solo il suo remo il gondoliero?
Pur di menarti in Francia il core avrei,
Ma è sempre sulla torre il giallo e il nero;
Ma alfin tu, o giallo e nero, andar ten dei,
E avrà Manin la fossa in cimitero:
Quando noi qui Manin verremo a porre,
Staranno i tre colori in sulla torre.

Han sepolto Manin lontano tanto,
E abbiamo a San Michele il campo santo!

L. Mercantini

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