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Non alza i ſuoi penſieri
À par de’ tuoi misteri.
Amor, degno maeſtro
Sol tu ſei di te ſteſſo,
125E ſol tu ſei da te medeſmo espreſſo;
Tu di legger inſegni
À i più ruſtici ingegni
Quelle mirabil coſe,
Che con lettre amoroſe
130Scriui di propria man ne gli occhi altrui;
Tu in bei facondi detti
Sciogli la lingua de’ fedeli tuoi;
E speſſo (ò strana e noua
Eloquenza d’Amore)
135Speſſo in un dir confuſo,
E’n parole interotte
Meglio ſi esprime il core,
E più par, che ſi moua,
Che non ſi fà con voci adorne, e dotte:
140E’l ſilentio ancor ſuole
Hauer prieghi, e parole.
Amor, leggan pur gli altri
Le Socratiche carte,
Ch’io in due begl’occhi apprenderò quest’arte:
145E perderan le rime
De le penne più ſaggie
Appò le mie ſeluaggie,
Che roza mano in roza ſcorza, imprime.
Non alza i suoi pensieri
A par de’ tuoi misteri.
Amor, degno maestro
Sol tu sei di te stesso,
125E sol tu sei da te medesmo espresso;
Tu di legger insegni
A i più rustici ingegni
Quelle mirabil cose,
Che con lettre amorose
130Scrivi di propria man ne gli occhi altrui;
Tu in bei facondi detti
Sciogli la lingua de’ fedeli tuoi;
E spesso (o strana e nova
Eloquenza d’Amore)
135Spesso in un dir confuso,
E’n parole interotte
Meglio si esprime il core,
E più par, che si mova,
Che non si fa con voci adorne, e dotte:
140E’l silenzio ancor suole
Aver prieghi, e parole.
Amor, leggan pur gli altri
Le Socratiche carte,
Ch’io in due begl’occhi apprenderò quest’arte:
145E perderan le rime
De le penne più saggie
Appo le mie selvaggie,
Che rozza mano in rozza scorza, imprime.
ATTO TERZO.
SCENA PRIMA.
Tirſi. Choro
Ò Donna ingrata, o tre fiate, e quattro
Ingratiſſimo ſeſſo, e tu, Natura,
Negligente maestra, perchè ſolo
5À le donne nel volto, e in quel di fuori
Poneſti quanto in loro è di gentile,
Di manſueto, e di corteſe; e tutte
L’altre parti obliaſti? ahi, miſerello,
Forſe hà ſe ſteſſo ucciſo: ei non appare:
10Io l’hò cerco, e ricerco homai tre hore
Nel loco, ou’io il laſciai, e ne i contorni;
ATTO TERZO.
SCENA PRIMA.
Tirsi. Coro
O Donna ingrata, o tre fiate, e quattro
Ingratissimo sesso, e tu, Natura,
Negligente maestra, perché solo
5A le donne nel volto, e in quel di fuori
Ponesti quanto in loro è di gentile,
Di mansueto, e di cortese; e tutte
L’altre parti obliasti? Ahi, miserello,
Forse ha se stesso ucciso; ei non appare;
10Io l’ho cerco, e ricerco omai tre ore
Nel loco, ov’io il lasciai, e ne i contorni;
Nè trouo lui, nè orme de’ ſuoi paſſi.
Ahi, che s’è certo ucciſo. Io vò nouella
Chiederne à que’ paſtor , che colà veggio.
15Amici, hauete visto Aminta, ò inteſo
Nouella di lui forſe? Ch. Tu mi pari
Così turbato: e qual cagion t’affanna?
Ond’è queſto ſudor? e questo anſare?
Hauui nulla di mal? fà, che’l ſappiamo.
Tir.20Temo del mal d’Aminta; hauetel viſto?
Ch.Noi viſto non l’habbiam, dapoi che teco
Buona pezz’hà partì: ma, che ne temi?
Tir.Ch’egli non s’habbia ucciſo di ſua mano.
Ch. Ucciſo di ſua mano? hor, perche queſto?
25Che ne stimi cagione? Tir. Odio, & Amore.
Ch.Duo potenti inimici, inſieme aggiunti,
Che far non ponno? ma, parla più chiaro.
Tir.L’amar troppo una Ninfa, e l’eſſer troppo
Odiato da lei. Ch. Deh, narra il tutto:
30Queſto è luogo di paſſo , e forſe intanto
Alcun verrà, che noua di lui rechi:
Forſe arriuar potrebbe anch’egli iſteſſo.
Tir.Dirollo volontier che non è giuſto,
Che tanta ingratitudine, e sì strana
35Senza, l’infamia debita ſi resti.
Preſentito hauea Aminta (& io fui, laſſo,
Colui, che riferillo, e che’l conduſſi:
Hor me ne pento) che Siluia douea
Con Dafne ire à lauarſi ad una fonte:
Né trovo lui, né orme de’ suoi passi.
Ahi, che s’è certo ucciso. Io vo’ novella
Chiederne a que’ pastor , che colà veggio.
15Amici, avete visto Aminta, o inteso
Novella di lui forse? Ch. Tu mi pari
Così turbato: e qual cagion t’affanna?
Ond’è questo sudor? E questo ansare?
Avvi nulla di mal? Fa’, che’l sappiamo.
Tir.20Temo del mal d’Aminta; avetel visto?
Ch.Noi visto non l’abbiam, dapoi che teco
Buona pezza partì: ma, che ne temi?
Tir.Ch’egli non s’abbia ucciso di sua mano.
Ch. Ucciso di sua mano? Or, perché questo?
25Che ne stimi cagione? Tir. Odio ed Amore.
Ch.Duo potenti inimici, insieme aggiunti,
Che far non ponno? Ma, parla più chiaro.
Tir.L’amar troppo una Ninfa, e l’esser troppo
Odiato da lei. Ch. Deh, narra il tutto:
30Questo è luogo di passo , e forse intanto
Alcun verrà, che nova di lui rechi:
Forse arrivar potrebbe anch’egli istesso.
Tir.Dirollo volontier che non è giusto,
Che tanta ingratitudine, e sì strana
35Senza, l’infamia debita si resti.
Presentito avea Aminta (ed io fui, lasso,
Colui, che riferillo, e che’l condussi:
Or me ne pento) che Siluia dovea
Con Dafne ire a lauarsi ad una fonte:
40Là dunque s’inuiò dubbio, & incerto,
Moſſo, non dal ſuo cor, ma ſol dal mio
Stimolar importuno; e speſſo in forſe
Fù di tornar indietro; & io’l ſoſpinſi
Pur mal ſuo grado inanzi. hor, quando homai
45C’era il fonte vicino: ecco, ſentiamo
Un feminil lamento: e quaſi à un tempo
Dafne veggiam, che battea palma à palma;
La qual come ci vide, alzò la voce:
Ah corrette, gridò: Siluia è sforzata.
50L’inamorato Aminta, che ciò inteſe,
Si spiccò com’un pardo, & io ſeguillo:
Ecco miriamo à un’arbore legata
La giouinetta ignuda come nacque,
Et à legarla fune era il ſuo crine:
55Il ſuo crine medeſmo in mille nodi
À la pianta era auuolto: e’l ſuo bel cinto,
Che del ſen virginal fù pria cuſtode,
Di quello stupro era miniſtro, & ambe
Le mani al duro tronco le ſtringea;
60E la pianta medeſma hauea prestati
Legami contra lei; ch’una ritorta
D’un piegheuole ramo hauea à ciaſcuna
De le tenere gambe. À fronte, à fronte
Un Satiro villan noi le vedemmo,
65Che di legarla pur allhor finia.
Ella quanto potea, faceua ſchermo,
Ma, che potuto haurebbe à lungo andare?
40Là dunque s’inviò dubbio, ed incerto,
Mosso, non dal suo cor, ma sol dal mio
Stimolar importuno; e spesso in forse
Fu di tornar indietro; ed io’l sospinsi
Pur mal suo grado inanzi. Or, quando omai
45C’era il fonte vicino, ecco, sentiamo
Un feminil lamento; e quasi a un tempo
Dafne veggiam, che battea palma a palma;
La qual come ci vide, alzò la voce:
Ah corrette, gridò: Silvia è sforzata.
50L’inamorato Aminta, che ciò intese,
Si spiccò com’un pardo, ed io seguillo:
Ecco miriamo a un’arbore legata
La giovinetta ignuda come nacque,
Ed a legarla fune era il suo crine:
55Il suo crine medesmo in mille nodi
A la pianta era avvolto, e’l suo bel cinto,
Che del sen virginal fu pria custode,
Di quello stupro era ministro, ed ambe
Le mani al duro tronco le stringea;
60E la pianta medesma avea prestati
Legami contra lei; ch’una ritorta
D’un pieghevole ramo avea a ciascuna
De le tenere gambe. A fronte, a fronte
Un Satiro villan noi le vedemmo,
65Che di legarla pur allor finia.
Ella quanto potea, faceva schermo,
Ma, che potuto avrebbe a lungo andare?