Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | XXII - All'Amica gelosa | XXIV - La Disperazione | ► |
Grazie agli Dii: mostrarono
Palese i tempi il vero;
Per loro ebbe giudizio
4La nostra lite intero.
Io per tuo detto instabile
Chiudeva alma Numida,
Più mobile di zefiro,
8Più d’oceano infida.
Pur l’amator d’Orizia
Cedè sei volte a Flora:
Mancò sei volte agli arbori
12La chioma, e t’amo ancora.
Di lungo amor doveasi
Frutto aspettar sì amaro?
Dillo; il rossor tu supera,
16Se il tuo delitto hai caro.
Non aspettar ch’io debole
La rotta fe ricordi;
Non che la terra, e l’aria
20De’ miei lamenti assordi.
Di quel che i fati diedero
Abbia il tuo orgoglio assai;
Ma non almeno ignobile
24Di me trionfo avrai.
A Menelao che valsero
I larghi pianti insani?
Che del tradito ospizio
28Dolersi ai Dii Spartani?
Sull’alta poppa immemore
Sedea la Greca infida,
Voti offerendo a Venere,
32Che lei promise in Ida:
E tu cantavi, o Proteo,
Grecia, e ’l superbo Achille;
Ma lieti i pin solcavano
36Le amiche onde tranquille.
Vanne: di cure insolite
I novi Lari attrista;
Reca perpetue lagrime
40In dote a chi t’acquista.
Io, se coll’atra Nemesi
I giusti preghi han loco,
Io l’esecrate Eumenidi
44A te propizie invoco.
Sian teco, e teco ingombrino
Gli aurati cocchi oscene,
Sian teco, e a te ministrino
48Contaminate cene.
Veglin con esse ai talami
Ombre al furor devote;
Danzin nefande, e turbino
52Le piume al sonno ignote.
Ohimè, che spero? Io pregoti
Le Dire ultrici invano:
Son meco, e ’l cor mi serrano
56Colla gelata mano.
Pace, o tremende Vergini
Prime ne’ regni inferni:
Pace, e perdono; ascondasi
60L’ira de’ serpi eterni.
Le mense mie non videro
Inorridir Tíeste:
I fati in me non scesero
64Del parricida Oreste.
Salvi, se il può, giustizia
Me dal furor temuto:
S’io sono, o Dee, colpevole,
68Il son d’amor perduto.
So che rammento incognito
A’ vostri voti obbietto,
Che onnipossente è l’odio
72Nell’agghiacciato petto.
Pur ei talor ne’ torbidi
Abissi Amor discese.
Ivi la notte, ed Erebo,
76Perchè nasceste, accese.