< Amori (Savioli)
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XX - Al Sonno
XIX - Alla Nudrice XXI - All'Aurora


Ben sotto al carro i vigili
     Corsieri atri affatica
     Del regnator silenzio
     4La tenebrosa amica:

Ben cielo, e terra e oceano
     Tutto è tranquillo, e tace;
     Ma non però la tenera
     8Fanciulla nostra ha pace.

Essa d’Amor, che l’agita,
     Ferita il lato manco
     Stanca le piume incomode
     12Col giovinetto fianco.

E già del fosco Memnone
     La sconsolata madre
     Sorse tre volte a togliere
     16L’ombre agghiacciate ed adre;

E le pupille cerule
     Anco trovò tre volte
     Stanche, e per veglia languide,
     20Ma a veglia ancor non tolte.

Deh ai bruni luoghi, ov’abiti,
     Se prece, o Sonno, arriva;
     Se ardesti mai, posandoti
     24Sugli occhi a qualche Diva;

Vieni: il Leteo papavero
     Scuotan le tempie ingombre,
     E le grand’ali fendano
     28Le pigre, e rigid’ombre.

Racchiusi usci non vietino
     A te che non t’innoltri,
     E inosservato, e placido
     32Giugni alle fide coltri.

Più cure aspre e sollecite
     Lor troverai d’intorno,
     Ferme di non rimoversi
     36Indi neppur col giorno.

Ma inaspettato, e carico
     D’obblío liquor le asperga,
     O lor toccando dissipi
     40La taciturna verga.

Se sulla sponda assidesi
     Amor si corchi, e taccia,
     O altrove il volo movere,
     44Finchè tu stai, gli piaccia.

Non manca ov’ei rivolgasi
     Sull’instancabil’ali,
     Se al regno tuo soggiacciono
     48Gli Dii, non che i mortali.

Che più? se al chiesto uffizio
     Altro s’oppon, si toglia;
     E a te fedel silenzio
     52Guardi la muta soglia.

Col dito al labbro ei rigido
     Il passo a ciascun vieti;
     Solo l’entrar sia libero
     56A miti sogni e lieti.

Figli di te vestendosi
     Di cento ombre leggiadre,
     Escan dall’uscio eburneo
     60Accompagnando il padre;

Escano, e me presentino
     Alla fanciulla mia:
     Oggetto indarno cercano,
     64Che caro a lei più sia.

Seco fra sogni ell’abbiami,
     Poich’altro a lei non lice;
     E i sogni almen le fingano
     68Il nostro amor felice.

Ma deh però che fervidi
     Non sian nell’opra assai;
     Deh che la gioja insolita
     72Non la svegliasse mai.

Sovente ancor Penelope
     Sognò del Greco amato,
     E nel sognar destandosi
     76Credette averlo a lato:

Poi fra le piume vedove
     Stesa l’incerta mano,
     Dell’error lassa avvidesi,
     80E pianse a lungo invano.

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