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SIMONE, SOSIA.
- Simone
- OR via portate voi coteste cose
Là dentro in casa, andate su. Tu Sosia,
Sta quì, che ti ho da dir quattro parole.
- Sosia
- Fate conto, ch’io l’ho sentite. Voi
Volete, che si aggiustin quelle robe.
Con istudio.
- Simone
- Eh, voglio altro.
- Sosia
- Deh, in che
Maggior facenda potete valervi
Del fatto mio?
- Simone
- Di questo fatto tuo
Non me ne accade in quel, che mi apparecchio
Di far: ma si di quella segretezza,
E fedeltà, che so, che tu hai sempre
Avuta.
- Sosia
- Aspetto sentir ciò che voi
Vogliate.
- Simome
- Poichè io, che compero insino
Da fanciulletto, tu sai, s’ hai servito
A buon Padrone, a discreto. E trovandoti
Io leal servitore poi, ti ho fatto
Franco; pensando, ch’io non potea darti
La maggior ricompensa.
- Sosia
- Ed io ne serbo
Grata memoria.
- Simone
- Nè me ne sa male
Di averlo fatto.
- Sosia
- Mi piace, se ho fatto,
O se fo cosa, che vi paja buona,
Simone, e se vi siete contentato
Del mio servigio, grammercè: rincrescemi
Bensì, che il vostro riandar coteste
Cose passate, è quasi un rinfacciarmi,
Che sienmi usciti di mente i favori,
Che ho avuti da voi. Però venite,
Come suol dirsi, a mezza spada, e ditemi:
Da te io voglio questo, e questo.
- Simone
- Sia
Come ti piace. Imprima io ti do avviso
Che queste nozze, come tu le credi
Non sono vere.
- Sosia
- Perchè le fingete?
- Simone
- Io la ti conterò tutta; così
Verrai a discoprir la vita, che tenne
Mio figlio; e ciò che io disegno,
E ciò che io vorrei, che tu facessi
In questa cosa. Dacchè ei, Sosia, uscì
Di fanciullezza, ed ebbe libertà
Di vivere a suo modo: poichè prima
Chi poteva capire, ed isvertare
Il genio suo, se ancor la poca età,
La paura, e il Maestro lo tenevano
Coperto?
- Sosia
- Così sta.
- Simone
- Siccome fa
Il più de’ Giovanetti, che lo spirito
Impiegan tutto in un qualche esercizio;
O in mantener cavalli, ovvero cani
Da caccia, o nello studio de’ Filosofi;
Egli a veruna di coteste cose
Non si applicava coll’animo intero;
Ma a tutte insieme con tal via di mezzo,
Ch’io ne godeva.
- Sosia
- E avevate ragione,
Perciocchè io penso, che sovra ogni cosa
Sia vantaggio degli uomini, far conto,
Che ogni troppo è troppo.
- Simone
- Il suo costumè
Era questo: egli era paziente
A sofferire, ad iscusar ciascuno,
E al genio di color, con chi avea pratica,
Rimettevasi in tutto, e compiacevali:
Non si opponeva a nessun mai; nè mai
Da più degli altri si faceva: in questo
Modo, è facile, infatti, che si acquisti
E lode, e Amici, senza invidia.
- Sosia
- Egli
Si era messo a vivere da savio;
Che a nostri dì l’assecondar ci da
Gli Amici, e il vero partorisce odio.
- Simone
- Intanto, e son tre anni, venne a starsi
Qui a noi vicina una femmina d’ Andro,
Cacciata dalla povertà, e dalla
Poca cura de’ suoi Parenti: bella
Quanto poteva essere, e sul fiore
Degli anni.
- Sosia
- Oime, io ho pure spasimo,
Che cotesta Andriana non ci arrecchi
Qualche malanno.
- Simone
- Prima ella faceva
La onesta, e la ristretta vita, e piena
Di disagio, cercando col filare,
E col far tela di riparar allo
Stato suo; ma poichè le furo intorno
Uno, ed un’ altro amante, a prometterle
Danari; come siamo in questo mondo
Inclinati a fuggire la fatica,
E a darsi buon tempo; ella accettò
Il partito, e si fè Donna da prezzo.
Ora coloro, che amavanla, a casa
Sua introdussero a sorte mio figliuolo;
Perchè, come si fa, tenesse loro
Compagnia. Fra me stesso io dissi subito:
Certo egli è colto, e preso ha l’imbeccata.
Ma la mattina, ch’ io stava osservando
I lor servi, che andavan sù, e giù;
Ne pregava qualcuno caldamente,
E diceva: O quel giovane, deh si
Dimmi il ver per tua fe, chi si ebbe jeri
Crisida? che così aveva nome
Quell’Andriana.
- Sosia
- Benissimo.
- Simone
- Ed egli
Diceva, or Fedro, or Clinia, ed or Nicerato;
Che tutti questi tre erano suoi
Innamorati. E che fè, io ripigliava,
Panfilo? O che fec’egli! E’ diè la sua
Parte, mi replicavano, e cenò
Con esso loro. A questi avvisi io tutto
Godeva: così pur qualche altro giorno
Questo lor domandava, e quel medesimo
Ne ricavai, che con Crisida Panfilo
Non aveva che fare. Cosicchè
Io lo credeva la prudenza istessa,
E l’essempio di continenza; che
Chi prattica con cotal gente, e sta
Onesto, fa tua stima, ch’ ei saprà
Guidarsi saviamente in ogni fatto.
E tanto più ciò mi piaceva, quanto
Mi dicean tutti ad una voce ogni
Bene, e parlavan tutti della mia
Buona fortuna, che avessi avuto
Figliuol di sì buona indole. Che piu?
Cremete, spinto dalla buona fama,
Venne da sè medesimo a trovarmi,
Per dar, e non ti dico con che dote,
La sua figliuola unica al mio. Mi piacque
Il partito, e gli diedi la parola;
E si avean oggi a far le nozze.
- Sosia
- Or che
Vi tien, che non sì facciano da vero?
- Simone
- Ascolta. Andati pochi giorni, dopo
Questi trattati, la vostra vicina
Crisida si morì.
- Sosia
- Oh bene sta:
Mi avete proprio consolato. Oime,
La gran paura, che mi fece quella
Crisida.
- Simone
- Morta ch’ella fu, mio figlio
Era là sempre con quei, che l’amavano;
Ed unito con loro mettea in ordine
L’essequie. Intanto anch’gli stava mesto,
Di tratto in tratto accompagnando gli altri
Con qualche lagrimuzza; e ciò mi piacque
Perchè diceva cosi fra me stesso:
Deh, vedi per pochissima amicizia,
Ch’ebbe costui con quella Donna, tanto
Cordialmente si porta alla sua morte:
Che fare, s’ei l’avesse amata? e che
Farà per me, suo padre? Io mi pensava,
Che tutte quelle cose fosser segni
Di umanità, ed effetti di animo
Discreto. Or, che piu dico? Io parimenti,
Io stesso, per suo amor vado al mortorio,
Ancora senza alcun sospetto di
Male.
- Sosia
- Oh, che cos’è?
- Simone
- Sta pure. Escono
Col corpo, noi lo seguitiamo. Intanto
Fra quelle Donne, ch’era là, mi scorrono
Gli occhi, così per sorte, sopra una
Giovinetta di un’aria.
- Sosia
- Buona forse?
- Simone
- E di un viso tanto modesto, e tanto
Piacevole, che nulla più; e perchè
Mi parve, ch’ella si rammaricasse
Sopra di tutte, ed avenente era
Sopra di tutte, e gentilesca; affronto
Le serve, e lor domando chi Ella è.
Mi rispondono, ch’ella è la Sorella
Di Crisida. Mi dettero nel cuore
Subitamente; e dissi oime, oime;
Quì è il malanno, e di qui viene il pianto,
Di qui le tribulazioni.
- Sosia
- O come
Aspetto con paura dove abbiate
A riuscire.
- Simone
- Si va avanti intanto
Col mortorio, e noi dietro, alfin giungemmo
Al sepolcro, e si adagia nella Pira
La morta, e fansi i pianti. In questo mentre
Quella Sorella ch’io ti ho detto, fassi
Sconsideratamente, e con aperto
Pericolo vicina a quella fiamma.
Panfilo allora, come bello, e morto;
Discoprendo l’amore, che sin là
Avea celato, e dissimulato
Si cautamente, accorre, e t’l’abbraccia
Stretta ne’ fianchi, e dice: o mia Gliceria,
Deh, che fai tù? perchè vuoi straziarti
Così? ed ella, e qui si può capire
Che v’era avanti l’attacco, piangendo
Lascioglisi cader in collo, in modo,
Che si vedeva la domestichezza.
- Sosia
- Oh, cosa mi narrate!
- Simone
- Volto via
Pien di veleno, e soffrendolo assai
Di mala voglia: nè ci avea cagione
Quanto bastasse per fargli un rimprovero;
Che mi potea rispondere. Deh, che
Ho fatto infine, che castigo merito
Io, che fallo ho fatto padre? Io tenni
Una, che si volea gittar nel foco,
E l’ho salvata. La scusa era onesta.
- Sosia
- Pensate bene; perocchè, se voi
Diceste male ad uno, che salvi
La vita a un’altro. ehe fareste poi
Ad un, che fesse danno, e male?
- Simone
- Il giorno
Dietro, ecco Cremete, schiamazzando,
Che era cosa indegna, ciocchè Panfilo
Avea scoperto, ch’ei teneva quella
Straniera, come sua moglie; ed io allora
Cominciai a negar costantemente
Cotesto fatto, ed egli pur a stare
Saldo, ch’era cosi, e finalmente
Si dipartimmo; come s’egli più
Dar non volesse sua figliuola.
- Sosia
- Allora
Non riprendeste vostro figlio?
- Simone
- Questa
Nè pure era cagione, che bastasse
Per farlo.
- Sosia
- No: perchè?
- Simone
- Perchè avria detto,
Fate conto, o padre, che ci avete
Voi dato il fine a questi miei disordini;
Ed il tempo è dappresso, ch’io dovrò
Farla a modo d’altrui: però lasciate,
Ch’or me la faccia al mio.
- Sosia
- Dunque in che tempo
Credete voi, che sarà da riprenderlo?
- Simone
- S’egli per questo amor non vorrà moglie,
Ecco la prima ingiuria, di cui debbo
Castigarlo, e per questo ora mi adopro;
Acciocchè per cagione delle false
Nozze, io m’abbia motivo di riprenderlo,
S’ei mi si mette a dir di no. E poi
Lo fo, perchè, se quello sciaurato
Di Davo ha il cuore alle sue giunterie,
Le adopri adesso, che colui si sforzi
Con le mani, e co’ piedi a farmi contra;
Più per far onta a me, che per far cosa
Grata a mio figlio.
- Sosia
- Perchè ciò?
- Simone
- Perchè?
Per mala volontà, e per mal cuore.
Ma se mi accorgo di tantino… Basta;
Non più parole. Se come ricerco,
Sarà prontezza in Panfilo; mi resta
L’intoppo di Cremete; col qual poi
Ci vorran le preghiere. Tuttavia
Voglio sperar che ne lo svolgerò.
Or deve esser tua cura finger bene
Queste nozze, e por Davo in ispavento.
E procura sapere quel che fa
Mio figlio, e che consigli abbiano fra
Di loro.
- Sosia
- Si; lasciatene la cura
Di tutto a me. Orsù, andiamo in casa.
- Simone
- Va là tu innanzi; ch’io ti verrò dietro.