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CREMETE, MISIDA, DAVO
- Cremete
- POichè ho poste in ordine le cose,
Che facean dibisogno per le nozze
Di mia figliuola, io ritorno per fare
Che invitino: ma che è quella cosa
Colà? un fanciullo alla fede. O madonna
Avete voi messo quel coso là?
- Misida
- O dov’ è andato?
- Cremete
- Non mi rispondete?
- Misida
- E’ non si vede in alcun canto. O me
Disfatta, e’ m’ha lasciata qui, e s’è
Dileguato.
- Davo
- Dio ajutaci, che grida
Sono al foro, quanti uomini, che stanno
A piatire; e i viveri son cari.
Non so più che mi dire.
- Misida
- Perchè di grazia
Mi hai lasciata qui sola?
- Davo
- O che è questa
Favola? Di chi è questo bamboccio,
Misida, chi l’ha messo qui?
- Misida
- Se’ tu
Fuor di cervello a domandarne me?
- Davo
- Sta a veder, chi ho io a domandarne?
Io veggo qui te sola.
- Cremete
- Di chi mai
Potrebbe essere?
- Dav.
- Sei tu per rispondere
A quel ch’io ti domando?
- Misida
- O!
- Davo
- Passa qui
A destra.
- Misida
- Tu farnetichi, non l’hai
Posto tu stesso?
- Davo
- Se tu fai parola
Fuor di quel, ch’io ti chieggo, guai a te.
- Misida
- Tu mi minacci?
- Davo
- Di chi è? su bene,
Di pure schietto.
- Misida
- Egli è di casa vostra.
- Davo
- Oh ah ah. E’ non è gran maraviglia,
Che una Zambraccacia operi sì
Sfacciatamente.
- Cremete
- Quella deve essere,
Per quanto intendo, Serva di Colei
D’Andro.
- Davo
- Parvi però, che siamo noi
Genti da farne queste beffe?
- Cremete
- So
Dire, che son venuto a tempo.
- Davo
- Svegliati.
E leva quel fantoccio da quell’uscio;
Fermati, guarda sai non ti partire,
Per quante cose, ch’io ti dia.
- Misida
- Ammazziti
La peste, che mi fai tanta paura.
- Davo
- A chi dico io, a te, o nò?
- Misida
- Che vuoi?
- Davo
- E pur con le domande: di chi è
Questo fanciullo, che hai qui messo? escine.
- Misida
- Non lo sai tu?
- Davo
- Lascia da parte quello
Ch’io so: rispondi a quel, ch’io ti domando.
- Misida
- E’ del vostro…
- Davo
- Di chi vostro?
- Misida
- Del vostro
Panfilo.
- Davo
- Come di Panfilo?
- Misida
- Acconciti
Tu forse a dir di nò?
- Cremete
- Ho fatto sempre
Bene a fuggir queste nozze.
- Davo
- O malizia
Degna di pena.
- Misida
- Perchè gridi tu?
- Davo
- Non ho veduto jersera, che vi
Si portava?
- Misida
- Arditaccio!
- Davo
- Si, ell’è
La verità: io ho veduto Cantara
Affardellata.
- Misida
- Lodato sia il Cielo,
Che al suo partorir furon presenti
Alcune Cittadine.
- Davo
- Certamente,
La non conosce per chi la si mette
A far queste sue cose. O se Cremete
Vedrà il fanciullo messo sulla porta,
Non darà la figliuola: Ei la darà
Affè più volentieri.
- Cremete
- O affè nò.
- Davo
- Ora ti fo avvertita, che se tu
Non torrai via quel coso, io il butterò
In mezzo della strada, e te insieme
Seppelirò nel paltano.
- Misida
- Alla se
Poveruomo tu se’ briaco.
- Davo
- Una
Menzogna ne fa un’altra; parmi udire
Bisbigliar anche, ch’ella è Cittadina
D’Atene.
- Cremete
- Toi quest’altra.
- Davo
- E che costretto
Per legge doverà torla per moglie.
- Misida
- Domine! non è ella Cittadina?
- Cremete
- Senza saperlo io son quasi caduto
In un mal gioco.
- Davo
- Chi parla di qua?
O Cremete, voi siete giunto a tempo.
Udite un poco.
- Crem.
- Io ho inteso ogni cosa.
- Davo
- Deh, avete udito ogni cosa?
- Cremete
- Si dico;
Sin dal principio.
- Davo
- Per-Dio, voi avete
Udito? Ecco tristizie, che si usano:
Ch’ei stare’ bene cacciar costei subito
Ad esser iscopata. Questi qui
E’ l’uomo fai? non ti pensar d’avere
A beffar Davo.
- Misida
- O povera di me
In coscienza, vecchio mio, non ho
Detto tantino di bugia.
- Cremete
- Lo so
Benissimo. Simone è dentro in Casa?
- Davo
- E’ v’è.
- Misida
- Non mi toccar ribaldonaccio:
Ma in fe di Dio sennon dico a Gliceria
I tuoi bei portamenti…
- Davo
- O Scioconnaccia!
Non sai tu quel, che s’è fatto?
- Misida
- Che vuoi
Tu che io sappia?
- Davo
- Colui era il suocero.
E non v’era altro modo per far, che
Egli sapesse, ciocchè noi vogliamo.
- Misida
- Tu mel’ dovevi dir prima d’adesso.
- Davo
- Adunque, egli ti par poco divario
Eseguire le cose come vengono
Dall’animo, e come la natura
Porta, dall’eseguirle con istudio?