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MISIDA, E POI DAVO.
- Misida
- POssibil, che nessuno abbia un sol bene
Fermo in questo mondaccio? O Dio! Credeva
Che il sommo bene della mia Padrona
Si fosse in tutto Panfilo; egli amico,
Amatore, marito, che doveva
Protegerla ogni tempo, or per cagione
Di lui, deh, che rammarichi non ha
La poveraccia? In fede, che quel male
Ch’ella ne ha sorpassa tutto il bene,
Ch’ella ne ha avuto: Ma Davo vien fuora,
Ch’e’ questo Davo mio, dove vai tu
Con quel fanciullo?
- Davo
- Misida ve’ qua,
Per questo fatto mi bisogna la
Tua svegliata memoria, e il tuo operare
Destro.
- Misida
- Che opra hai per le mani.
- Davo
- Te’
Presto questo bambino, ponlo là
Avanti l’ uscio nostro.
- Misida
- O la così
In piana terra!
- Davo
- Togli quattro foglie
Là da quell’ Ara, e attaccagliele sotto.
- Misida
- Perchè nol fai tu da te?
- Davo
- Perche se’,
Fosse bisogno giurar al Padrone.
Che non l’ho messo io, possa giurarlo
In buona coscienza.
- Misida
- Bene sta.
Ma come sei divenuto a quest’otta
Così dabbene?
- Davo
- Spacciati, se vuoi
Saper quel, ch’io vo’ fare! O un’altro Diavolo.
- Misida
- Cos’è.
- Davo
- Ecco qui il Padre della Sposa;
Lascio il primo consiglio.
- Misida
- Io non so infatti
Ciocchè borbotti.
- Davo
- Io farò vista di
Venir qui da man destra: sta avvertita,
Di risponder secondo, ch’ io ti dico,
Se vi sarà da parlare.
- Misida
- Io non so
Quel, che vuoi fare per nulla; ma se
V’ha cosa, in che vi possa giovar l’opera
Mia, che tu ’l sappia più di me, sto quì,
Ch’io non vo disturbar il vostro comodo.