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CREMETE, SIMONE.
- Cremete
- BAstevolmente, e davanzo, Simone,
Ormai avete potuto conoscere,
Ch’io sonvi amico, e mi son posto assai
A pericolo: ond’è, che voi dovete
Lasciar i preghi, che per voler fare
L’uffizio dell’amico con voi, ho
Poco men, che affogata la figliuola.
- Simone
- Anzi ora vi prego, e vi scongiuro
A diffinir coi fatti, quel favore,
Che mi avete testè incominciato
A far con le parole.
- Cremete
- Deh, vedete
Come la vostra voglia vi fa ingiusto.
Voi, purchè la vi cada a modo vostro,
Non avete riguardo all’ equità
Ne alla cosa, che mi domandate:
Che se l’aveste, omai vi rimarreste
Dal farmi questo oltraggio.
- Simone
- Che oltraggio
Vi fo io?
- Cremete
- Oime, mi domandate?
Avete oprato sì, chi’ io risolveva.
Dar mia figliuola a un giovanastro, il quale
E’ incarognato d’ un altra, e non vuole
Sentir di moglie. Ecco io l’ avrei pur data
Alla continua mala vita, ed in
Dubbio, ch’ei la tenesse. Voi avete
Voluto, che col suo sconcio, e col suo
Dolore, io medicassi il mal costume
Del figliuol vostro: Si faceva; e già
Io aveva cominciato a darne opera
Finchè mi parve di poterlo fare.
Or non ci è caso: toglietelo in pace.
E’ dicon, che la sua femmina è
Cittadina, e ne ha avuto già un figliuolo:
Non pensate più a noi.
- Simone
- Io vi scongiuro
Per gli Dei, non vogliate prestar fede
A coloro, cui torna il conto, ch’ egli
Rimanga un mal vivente. Quelle cose
Son tutte finte a distornar le nozze:
E quando lor sia tolta la cagione,
Onde le fanno, non si udran più favole.
- Cremete
- Voi v’ingannate, io ho veduto Davo
A contrastar con la serva.
- Simone
- Io lo so.
- Cremete
- E non era già quelle finzioni
Ai visi. E non sapevano, ch’io fossi
Là.
- Simone
- Io lo credo, e Davo poco fa
Mel disse prima, ch’ elle avrebbon fatto
Questa novella; e io non so in che modo
Sonmi scordato, ch’io volea avvisarvene.