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PANFILO, DAVO.
- Panfilo
- DOv’ è lo scellerato, che mi ha messo
In rovina?
- Davo
- Son morto.
- Panfilo
- Ma confesso
Ch’ella mi sta ben fatta; imperciocchè
Io son tanto dappoco, e scimunito.
Ed è pur vero, ch’ io abbia affidato
Ad un balordo di Servo lo stato
Mio? dunque pago la pena di questa
Stoltezza. ma e’ non ne uscirà netto.
- Davo
- In fede, se io ci esco a questa volta,
Non ho più da temer di cosa alcuna
In vita mia.
- Panfilo
- Ma che dirò a mio Padre?
Dirò, che non la voglio forse adesso
Che gli ho fatto promessa? Con che faccia
Gli dirò questo? Io non so, che mi fare.
- Davo
- E io via manco. E pur mi sto beccando
Il cervel dietro a questo: gli dirò
Di ritrovar qualche partito, affine,
Ch’or non mi venga tanto male addosso.
- Panfilo
- Oh.
- Davo
- M’ha veduto.
- Panfilo
- Vieni un tratto qua
Galantuomo, che di tu? Vedi tu
In che bel gineprajo m’hanno messo
I tuoi consigli?
- Davo
- E son uomo da trarvene.
- Panfilo
- Da trarmene, sì eh?
- Davo
- Si certamente
Panfilo.
- Panfilo
- Appunto così come hai fatto.
- Davo
- Nò, che io spero, ch’ella anderà meglio.
- Panfilo
- Doh, Scappaforche, pensi ch’io ti voglia
Credere? tu tornerai in piedi una
Cosa, già guasta, e anzi rovinata?
Deh, vedi in chi mi son fidato! in uno,
Ch’oggi da un tranquillissimo riposo,
In queste nozze mi gittò di lancio.
Dimmi: non tel’ diss’ io, che la faccenda
Sarebbe andata così?
- Davo
- Lo diceste.
- Panfilo
- Or qual gastigo meriti?
- Davo
- La forca.
Ma lasciatemi un poco ritornare
In me, che già io so, che ho a trovarvi
Qualche riparo.
- Panfilo
- Oimè, perchè mi manca
Il tempo da punirti a modo mio?
Perciocchè il tempo stringe sì, ch’ io deggio
Pensar a riparare al caso mio;
Non badare a pagarti come meriti.