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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1836
AR ZOR PROFESSOR PAVOLO BARÒNI1
S’ariverissce, sor dottor Baròni.
Eh? cche ddirà? Cce chiamerà vvillani
Pe’ avé ffatto un sproloquio2 ar zor Tavani,3
E a llei finora un ber4 par de cojjoni.5
Cosa vò!6 co’ sti tempi bbuggiaroni
Chi ha ppotuto ggirà? mmanco li cani.
Ccusì,7 oggi e ddomani, oggi e ddomani,
Sò sscivolati8 ggià ddu’ mesi bboni.
Bbasta, speramo che llei nun ce meni;9
E ssimmai je piascessino10 l’inchini,
N’avémo er collo e ’r cuderizzo11 pieni.
Sor professore mio, Dio lo distini
A ttrovà dapertutto mal de reni,
Cianche12 rotte e mill’antri13 cancherini.
16 marzo 1837
- ↑ Distintissimo chirurgo, creato direttore della sanità militare col grado di colonnello.
- ↑ Lunga cicalata.
- ↑ Vedi qui avanti il son. intit.: [[../Ar zor Lesandro Tavani|Ar zor Lesandro Tavani]].
- ↑ Bel.
- ↑ Cioè: “nulla.„
- ↑ Vuole.
- ↑ Così.
- ↑ Sono sdrucciolati via.
- ↑ In senso di “percuotere.„
- ↑ E se mai le piacessero.
- ↑ Osso sacro.
- ↑ Gambe.
- ↑ Mille altri.
Note
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