< Asolani < Libro primo
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Libro primo - Capitolo I
Libro primo - II

Suole a’ faticosi navicanti esser caro, quando la notte, da oscuro e tempestoso nembo assaliti e sospinti, né stella scorgono, né cosa alcuna appar loro che regga la lor via, col segno della indiana pietra ritrovare la tramontana, in guisa che, quale vento soffi e percuota conoscendo, non sia lor tolto il potere e vela e governo là, dove essi di giugnere procacciano o almeno dove più la loro salute veggono, dirizzare; e piace a quelli che per contrada non usata caminano, qualora essi, a parte venuti dove molte vie faccian capo, in qual più tosto sia da mettersi non scorgendo, stanno in sul piè dubitosi e sospesi, incontrare chi loro la diritta insegni, sì che essi possano all’albergo senza errore, o forse prima che la notte gli sopragiunga, pervenire. Per la qual cosa avisando io, da quello che si vede avenire tutto dì, pochissimi essere quegli uomini, a’ quali nel peregrinaggio di questa nostra vita mortale, ora dalla turba delle passioni soffiato e ora dalle tante e così al vero somiglianti apparenze d’openioni fatto incerto, quasi per lo continuo e di calamita e di scorta non faccia mestiero, ho sempre giudicato grazioso ufficio per coloro adoperarsi, i quali, delle cose o ad essi avenute o da altri apparate o per se medesimi ritrovate trattando, a gli altri uomini dimostrano come si possa in qualche parte di questo periglioso corso e di questa strada, a smarrire così agevole, non errare. Perciò che quale più graziosa cosa può essere che il giovare altrui? O pure che si può qua giù fare, che ad uom più si convenga, che essere a molti uomini di lor bene cagione? E poi, se è lodevole per sé, che è in ogni maniera lodevolissimo, un uom solo senza fallimento saper vivere non inteso e non veduto da persona, quanto più è da credere che lodar si debba un altro, il quale e sa esso la sua vita senza fallo scorgere e oltre a ciò insegna e dona modo ad infiniti altri uomini, che ci vivono, di non fallire? Ma perciò che tra le molte cagioni, le quali il nostro tranquillo navicar ci turbano e il sentiero del buon vivere ci rendono sospetto e dubbioso, suole con le primiere essere il non saper noi le più volte quale amore buono sia e qual reo, il che non saputo fa che noi, le cose che fuggire si devrebbono amando e quelle che sono da seguire non amando, e tal volta o meno o più del convenevole ora schifandole e ora cercandole, travagliati e smarriti viviamo, ho voluto alcuni ragionamenti raccogliere, che in una brigata di tre nostre valorose donne e in parte di madonna la Reina di Cipri, pochi dì sono, tre nostri aveduti e intendenti giovani fecero d’Amore, assai diversamente questionandone in tre giornate, affine che il giovamento e pro che essi hanno a me renduto, da loro che fatti gli hanno sentendogli, che nel vero non è stato poco, possano eziandio rendere a qualunque altro, così ora da me raccolti, piacesse di sentirgli. Alla qual cosa fare, come che in ciascuna età stia bene l’udire e leggere le giovevoli cose e spezialmente questa, perciò che non amare come che sia in niuna stagione non si può, quando si vede che da natura insieme col vivere a tutti gli uomini è dato che ciascuno alcuna cosa sempre ami, pure io, che giovane sono, i giovani uomini e le giovani donne conforto e invito maggiormente. Perciò che a molti e a molte di loro per aventura agevolmente averrà che, udito quello che io mi profero di scriverne, essi prima d’Amore potranno far giudicio che egli di loro s’abbia fatto pruova. Il che, quanto esser debba lor caro, né io ora dirò, e essi meglio potranno ne gli altri loro più maturi anni giudicare. Ma di vero, sì come nel più delle cose l’uso è ottimo e certissimo maestro, così in alcune, e in quelle massimamente che possono non meno di noia essere che di diletto cagione, sì come mostra che questa sia, l’ascoltarle o leggerle in altrui, prima che a pruova di loro si venga, senza fallo molte volte a molti uomini di molto giovamento è stato. Per la qual cosa bellissimo ritrovamento delle genti è da dir che sieno le lettere e la scrittura, nella qual noi molte cose passate, che non potrebbono altramente essere alla nostra notizia pervenute, tutte quasi in uno specchio riguardando e quello di loro che faccia per noi raccogliendo, da gli altrui essempi ammaestrati ad entrare nelli non prima o solcati pelaghi o caminati sentieri della vita, quasi provati e nocchieri e viandanti, più sicuramente ci mettiamo. Senza che infinito piacere ci porgono le diverse lezioni, delle quali gli animi d’alquanti uomini, non altramente che faccia di cibo il corpo, si pascono assai sovente e prendono insieme da esse dilettevolissimo nodrimento. Ma lasciando questo da parte stare e alle ragionate cose d’Amore, che io dissi, venendo, acciò che meglio si possa ogni lor parte scorgere tale, quale appunto ciascuna fu ragionata, stimo che ben fatto sia che, prima che io passi di loro più avanti, come il ragionare avesse luogo si faccia chiaro.

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