< Asolani < Libro primo
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Libro primo - Capitolo XXII
Libro primo - XXI Libro primo - XXIII

Ma non si contenta di tenerci Amore d’una sola voglia, quasi d’una verga sollecitati, anzi sì come dal disiderar delle cose tutte le altre passioni nascono, così dal primo disiderio che sorge in noi, come da largo fiume, mille altri ne dirivano, e questi sono ne gli amanti non men diversi che infiniti. Perciò che quantunque il più delle volte tutti tendano ad un fine, pure, perché diversi sono gli obbietti e diverse le fortune de gli amanti, da ciascuno senza fallo diversamente si disia. Sono alcuni che, per giugnere quando che sia la lor preda, pongono tutte le forze loro in un corso, nel quale o quante gravi e dure cose s’incontrano, o quante volte si cade, o quanti seguaci pruni ci sottomordono i miseri piedi! e spesse fiate aviene che prima si perde la lena che la caccia si tenga. Alcuni altri, possessori della cosa amata divenuti, niente altro disiderano se non di mantenersi in quello medesimo stato, e quivi fisso tenendo ogni loro pensiero e in questo solo ogni opera, ogni tempo loro consumando, nella felicità son miseri e nelle ricchezze mendici e nelle loro venture sciagurati. Altri, di possessione uscito de’ suoi beni, cerca di rientrarvi, e con mille dure condizioni, con mille patti iniqui, in prieghi, in lagrime, in strida consumandosi, mentre del perduto contende, pone in quistion pazzamente la sua vita. Ma non si veggono queste fatiche, questi guai, questi tormenti ne’ primi disii. Perciò che sì come nell’entrar d’alcun bosco ci pare d’avere assai spedito sentiero, ma quanto più in esso penetriamo caminando, tanto il calle più angusto diviene, così noi primieramente ad alcuno obbietto dall’appetito invitati, mentre a quello ci pare di dover potere assai agevolmente pervenire, ad esso più oltre andando di passo in passo troviamo più ristretto e più malagevole il camino. Il che a noi è delle nostre tribolazioni fondamento, perciò che, per vi pure poter pervenire, ogni impedimento cerchiamo di rimuovere che il ci vieti, e quello che per diritto non si può, conviene che per oblico si fornisca. Quinci le ire nascono, le quistioni, le offese, e troppo più avanti ne segue di male, che nel cominciamento non pare altrui esser possibile ad avenire. E affine che io ogni cosa minuta raccontando non vada, quante volte sono da alcuno state per questa cagione le morti d’infiniti uomini disiderate? e per aventura alcuna volta de’ suoi più cari? Quante donne già dall’appetito trasportate hanno la morte de’ loro mariti procacciata? Veramente, o donne, se a me paresse poter dire maggior cosa che questa non è, io più oltre ne parlerei. Ma che si può dir più? il letto santissimo della moglie e del marito, testimonio della più secreta parte della lor vita, consapevole de’ loro dolcissimi abbracciamenti, per nuovo disio d’amore essere del sangue innocente dell’uno, col ferro dell’altro, tinto e bagnato.

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