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Libro primo - Capitolo XXXI
Libro primo - XXX Libro primo - XXXII

Oltre a ciò sono i primi ardori, se ne gli animi fanciulli s'apprendono, sì come il caldo alle tenere frondi, così essi loro più dannosi; se nell'età matura si fanno sentire, più impetuosi senza fallo e più fieri, non altramente che il cielo soglia fare, il quale tanto più sconciamente si turba, quanto più lungamente chiaro e sereno è stato. A questo modo, o giovani o attempati che noi di questo male infermiamo, a strano passo, a dura condizione, a molto fiero partito sta isposta la nostra vita. Ma tutti gli amorosi morbi, quanto più invecchiano, sì come quelli del corpo, tanto meno sono risanabili e meno alcuna medicina lor giova. Perciò che in amore pessima cosa è la lusinghevole usanza, nella quale di giorno in giorno senza considerazione più entrati, quasi nel labirintho trascorsi senza gomitolo, poi, quando ce ne piglia disio, tornare a dietro le più volte non possiamo. E aviene alcuna fiata che in maniera ci naturiamo nel nostro male, che uscir di lui, eziandio potendo, non vogliamo. Sono poi, oltre a tutto questo, le lunghe discordie crudeli; sono le brievi angosciose; sono le riconciliagioni non sicure; sono le rinovagioni de gli amori passati perigliose e gravi, in quanto più le seconde febbri sogliono sopravenendo offendere i ricaduti infermi che le primiere; sono le rimembranze de' dolci tempi perduti acerbissime, e di somma infelicità è maniera l'essere stato felice. Durissime sono le dipartenze, e quelle massimamente che con alcuna disiata notte e lamentata e con abbracciamento lungo e sospiroso e lagrimevole si chiudono, nelle quali e' pare che i cuori de gli amanti si divellano dalle lor fibre o schiantinsi per lo mezzo in due parti. Ohimè, quanto amare sono le lontananze, nelle quali niun riso si vede mai nell'amante, niuna festa il tocca, niun giuoco; ma fisso alla sua donna stando ad ogni ora col pensiero, quasi con gli occhi alla tramontana, passa quella fortuna della sua vita in dubbio del suo stato, e con un fiume sempre d'amarissime lagrime intorno al tristo cuore e con la bocca piena di dolenti sospiri, dove col corpo esser non può, con l'animo vi sta in quella vece, né cosa vede, come che poche ne miri, che non gli sia materia di largo pianto. Sì come ora col mio misero essempio vi potete, donne, far chiare, di cui tale è la vita, chente suonano le canzoni, e vie ancora piggiore; delle quali per aventura quest'altre due, appresso le ramemorate, poi che tanto oltre sono passato, non mi penterò di ricordarmi.

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