< Asolani < Libro secondo
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Libro secondo - Capitolo XXIII
Libro secondo - XXII Libro secondo - XXIV

Ma tornandomi all’amante, del quale io vi ragionava, mentre che egli queste cose che io v’ho dette e quelle che io taccio rimira e vàlle con lo spirito de gli occhi ricercando, egli si sente passare un piacere per le vene tale, che mai simile non gliele pare avere avuto; onde poi e’ ragiona seco medesimo e dice: ’Questa che dolcezza è che io sento? o mirabile forza de gli amorosi risguardamenti, quale altro è di me ora più felice?’. Il che non diranno giamai quegli altri che la riguardata donna non amano. Perciò che là dove Amore non è, sonnocchiosa è la vista insieme con l’anima in que’ corpi e, quasi col cielabro, dormono loro gli occhi sempre nel capo. Ma egli non è perciò questa ultima delle sue dolcezze, che al cuore li passano per le luci. Altre poi sono e possono ogni ora essere senza fine; sì come è il vedere la sua donna spaziando con altre donne premere le liete erbe de’ verdi prati, o de’ puri fiumicelli le freschissime ripe, o la consenziente schiena de’ marini liti, incontro a’ soavi zefiri caminando, talora d’amorosi versi discrivendo al consapevole amante la vaga rena, o ne’ ridenti giardini entrata, spiccare con l’unghie di perle rugiadose rose dalle frondi loro, per aventura futuro dono di chi la mira; o forse carolando e danzando muovere a gli ascoltati tempi de gli strumenti la schietta e diritta e raccolta persona, ora con lenti varchi degna di molta riverenza mostrandosi, ora con cari ravolgimenti o inchinevoli dimore leggiadrissima empiendo di vaghezza tutto il cerchio, e quando con più veloci trapassamenti, quasi un trascorrevole sole, ne gli occhi de’ riguardanti percotendo. E pure queste tutte essere possono gioie di novelli amanti, né ancora molto rassicurati ne’ loro amori. Che se di quelli che a pieno godono volessimo ragionare, di certo quanti diletti possono tutti gli uomini che non amano in tutti gli anni della lor vita sentire, non mi si lasciarebbe credere che a quel solo aggiugnessero, che in ispazio di poca ora si sente da uno amante, il quale, con la sua donna dimorando, la miri e rimiri sicuramente, e ella lui, con gli occhi disievoli e vacillanti dolcezza sopra dolcezza beendo, l’uno dell’altro inebbriandosi.

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